Jobs act, se la sinistra dà l’addio al riformismo

La Stampa INTERNO

La decisione della segretaria del Pd di appoggiare il referendum Cgil per l’abolizione del Jobs Act è la prova ulteriore che la sinistra italiana ha voltato pagina rispetto alla stagione “riformista” degli anni passati. A ben vedere, la questione è più simbolica che concreta. Se vincesse il Sì al quesito referendario, non si tornerebbe ad una disciplina del reintegro del lavoratore sul posto di… (La Stampa)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Le due mosse rivelano come la sinistra italiana, quella partitica e quella sindacale, preferisca abbandonarsi a una sorta di passatismo crepuscolare, trovare rifugio nel piccolo mondo antico che illusoriamente possa metterla al riparo dagli epocali stravolgimenti tecnologici e sociali del nuovo millennio che trovano principale sfogo nel mondo del lavoro. (L'HuffPost)

"Credo che la posizione di Elly Schlein sul Job Act sia molto coerente con ciò che ha sempre sostenuto. Nessuno può criticarla perché è contro il Job Act. La cosa che trovo interessante è che il Job Act è stata una legge che è stata scritta, votata e approvata dal Partito Democratico. (Il Sole 24 ORE)

Sono passati quasi dieci anni da quando Matteo Renzi, allora premier e segretario di un Pd primo partito d’Italia, rompeva l’ultimo tabù della sinistra e approvava, ovviamente con il voto favorevole dei parlamentari dem a parte qualche mugugno nella sinistra bersaniana, il Jobs act (Il Sole 24 ORE)

Antonio Polito riprende una frase detta al Corriere da Marianna Madia, ex ministra del governo Renzi che dieci anni fa varò il Jobs act: «Una segretaria che firma un referendum contro una riforma del suo stesso partito e dice che lo fa a titolo personale, e lo fa una settimana dopo Conte e Fratoianni, cosa sembra?». (Corriere TV)

L'economia e il lavoro, innanzitutto. Altro che riformismo. (ilGiornale.it)

Una firma che giudica "coerente" con la storia politica della segretaria, come le riconosce Giorgio Gori, e in (Secolo d'Italia)