Il padiglione di Israele resta chiuso alla Biennale di Venezia «fino al cessate il fuoco e alla liberazione degli ostaggi»

Il padiglione di Israele alla Biennale di Venezia, che doveva aprire oggi, resterà chiuso fino a quando non sarà raggiunto un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e sulla liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas. La decisione dei curatori e dell’artista Ruth Patir è stata comunicata stamane con un cartello affisso all’esterno della struttura. L’esposizione non verrà cancellata «ma è una scelta di solidarietà con le famiglie dei prigionieri e la grande comunità di Israele che chiede il cambiamento», spiega Patir al Guardian. (Open)

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Il padiglione di Israele alla 60^ Biennale di Venezia, che doveva aprire oggi, resterà chiuso "sino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi" nelle mani di Hamas. La decisione del curatore e dell'artista, Ruth Patir, non è quella di cancellare l'esibizione, "ma è una scelta di solidarietà con le famiglie degli ostaggi e la grande comunità di Israele che chiede un cambiamento". (L'HuffPost)

Alla Biennale di Venezia, il padiglione di Israele non aprirà per decisione dell'artista Ruth Patir. O meglio, non aprirà " sino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi ". (ilGiornale.it)

Alla Biennale di Venezia, il Padiglione di Israele rimarrà chiuso fino alla liberazione degli ostaggi in mano ad Hamas dal 7 ottobre. Lo hanno annunciato artisti e curatori. Categorie: di Redazione , scritto il 16/04/2024Categorie: Attualità (Finestre sull'Arte)

Esposizione d’Arte di Venezia. Risale a febbraio l’appello promosso dall’alleanza internazionale di artiste e artisti e operatrici e operatori culturali Art Not Genocide Alliance (ANGA), costituitasi per l’occasione, per chiedere l’esclusione del Paese e dunque non “legittimare le sue politiche genocide a Gaza”. (Artribune)

Il messaggio affisso sulla porta dell'esposizione (LAPRESSE)

In un’intervista concessa al New York Times, Patir ha spiegato che la decisione l’hanno presa lei, i due curatori del padiglione Tamar Margalit e Mira Lapidot, senza informare il governo israeliano. (Rivista Studio)