Capri e tavoli. Il Medio Oriente tra sanzioni, pressioni, minacce, mediatori che vanno e che vengono (di G. Belardelli)

L'HuffPost ESTERI

A cinque giorni dall’attacco iraniano su Israele, il Medio Oriente continua a essere col fiato sospeso, lasciando alla diplomazia internazionale lo spazio per raffreddare gli animi e scongiurare la precipitazione verso una guerra regionale. In questo clima, il lavoro degli attori che dal 7 ottobre cercano di mediare tra Israele e Hamas è sempre più difficile, con gli Stati Uniti impegnati nel duplice compito di difendere e frenare Israele, il Qatar che minaccia il ritiro dai negoziati e la Turchia intenzionata a prendersi la scena. (L'HuffPost)

Ne parlano anche altre fonti

Mimmo Srour ospite di Grandangolo: Il Capoluogo torna a parlare della guerra in Medio Oriente. Lo scenario della crisi israelo-palestinese è ancor più instabile dopo l'inserimento dell'Iran. Esperto di politiche mediorientali, Mimmo Srour, è tornato negli studi di Grandangolo per fare il punto sulla crisi israelo-palestinese. (Il Capoluogo)

È finita qui? Difficile dirlo, perché la risposta dipende da una serie di partite che i contendenti stanno giocando e che solo in parte sono collegate ai risvolti militari. Nell’anno della seconda sfida con Donald Trump, Biden non vuole passare per il presidente che abbandona Israele ma nemmeno per quello che asseconda gli istinti sanguinari di Netanyahu e di un Governo dominato (anche prima del 7 ottobre e dei massacri di Hamas) da un manipolo di estremisti. (L'Eco di Bergamo)

Intanto il contrattacco: all’alba di ieri Israele ha lanciato un attacco contro l’Iran nella provincia di Isfahan. Dopo l’attacco iraniano del 13 aprile gli alleati spingono Israele alla calma e puntano alla de-escalation, ma tutto dipende da una variabile imponderabile: Benjamin Netanyahu. (La Gazzetta del Mezzogiorno)

Manifestanti iraniani in un corteo anti-Israele a Tehran, 19 aprile 2024. Ansa EPA/ABEDIN TAHERKENAREH L’attuale svolgimento del conflitto in Medio Oriente sembra evidenziare atteggiamenti da parte dei governi poco maturi. (Città Nuova)

Come c’era da immaginarsi, la risposta israeliana all’Iran non si è fatta aspettare, una azione limitata, rapida è precisa. Accompagnata da una manipolazione mediatica, secondo cui gli Usa hanno accettato il piano israeliano per invadere Rafah in cambio della promessa di non attaccare l’Iran, l’inganno è fatto, e forse concertato fra le parti interessate. (Contropiano)

Assolutamente sì. Un attacco via terra era completamente da escludere. Non vi erano, e non vi sono, le condizioni, prima di tutto, per ragioni geografiche. Un primo approfondimento condotto dall’israeliano Institute for National Security Studies, un think tank affiliato all’Università di Tel Aviv, assai accreditato negli ambienti internazionali che si occupano di geopolitica e di sicurezza, ha subito stimato come ben 85 tonnellate di esplosivo siano state lanciate verso Israele non solo dal territorio iraniano, ma anche dallo Yemen, dalla Siria e dall’Iraq. (ilGiornale.it)