Il coronavirus manda in crisi il noleggio di auto: il colosso Hertz avvia il fallimento

La Stampa ECONOMIA

Ora ha oltre 12.000 sedi in tutto il mondo, circa 667.000 auto, e 40.000 dipendenti, dimezzati però durante la scorsa settimana per fronteggiare la crisi.

Cominciano a cadere gli dei dell’economia americana, trascinati a terra dalla crisi economica provocata dal coronavirus.

Lo dimostra la resa della Hertz, che venerdì sera ha proclamato la bancarotta.

Dopo il crollo dei ricavi e la svalutazione della flotta, l’azienda usa ricorre all’amministrazione controllata. (La Stampa)

Ne parlano anche altri giornali

L’intera industria delle auto a noleggio è stata devastata dal crollo dei viaggi dopo che è stata dichiarata la pandemia. Non sapere quando e in che misura riprenderanno le vendite, è stato detto, ha reso necessario il fallimento. (Bitecoin)

Se va in crisi anche un colosso come Hertz vuol dire che il settore è veramente sull'orlo del baratro. In Italia, invece, ci si è fermati almeno per ora ad aiuti per l'acquisto di bici e monopattini. (L'Unione Sarda.it)

(askanews) - Che cos'è il Chapter 11, il capitolo 11, della legge fallimentare statunitense, che in queste ore si sta applicando al colosso statunitense dell'autonoleggio Hertz, dopo essere stato adottato in molti altri casi Oltreoceano? Nella procedura Usa l'omologazione chiude l'iter del Chapter 11 e libera il debitore da tutti i debiti antecedenti. (Yahoo Finanza)

Clamoroso, il colosso Hertz dichiara fallimento la numero uno mondiale nel business del “rental car”, l’autonoleggio. Nel caso della Hertz la liquidazione dei debiti però sarà più complicata del solito. (Positanonews)

La Hertz non è di certo la prima società ad essere stata messa in ginocchio dall’emergenza coronavirus. Anche i department stores accusano gli effetti del coronavirus, tra chiusure di negozi, bancarotte, procedure fallimentari e perdite ingenti. (Proiezioni di Borsa)

«Tuttavia - precisa la nota - , permangono incertezze sul ritorno del reddito e sulla completa riapertura del mercato, il che ha reso necessaria l'azione di oggi». Nel deposito del 'chapter 11' negli Stati Uniti non sono incluse le attività operative in altre aree, tra cui Europa, Australia e Nuova Zelanda. (Il Messaggero)