Democède di Crotone

medico pubblico e medico di corte. Tra medicina occidentale e orientale. di A. Modaffari
Bova Marina, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura) Nel confronto tra la medicina occidentale e quella orientale nel periodo arcaico spicca la figura di Democéde, figlio di Callifonte, medico asclepiade di Cnido, trasferitosi a Crotone nella seconda metà del VI secolo a.c..Gran parte di quello che si conosce su Democéde lo si deve ad Erodoto.
Lo storico di Alicarnasso narra, infatti, che per disaccordi con il padre (un carattere difficile, pare) Democéde andò via da Crotone, diretto ad Egina dove, dopo un anno circa, ottenne l’incarico di medico pubblico.
In verità, la personalità ingombrante di Pitagora, con le sue teorie imbevute di orfismo, la determinazione di praticare una medicina più scientifica rispetto a quella ieratica praticata e insegnata da Callifonte e l’astro nascente di Alcmeone, medico crotonese, possono essere state le cause che hanno spinto Democéde alla partenza. Da Egina ad Atene, anche qui Democéde ottenne l’incarico di medico pubblico, quindi a Samo e poi, con la caduta e la morte di Policrate, divenne schiavo di Orete, satrapo ambizioso di Dario. Grazie a circostanze favorevoli diventò medico di Dario e della regina Atossa e dopo un certo tempo ottenne di rientrare a Crotone.
Schieratosi politicamente con i Pitagorici, soccombenti nei riguardi dei Democratici, intorno al 460 a.C. circa,Democéde,lasciò nuovamente Crotone,diretto con gli efebi a Platea.
Cnido fu sede di un Asklepieion e Callifonte era sacerdote del Dio.
La tradizione asclepiade a Cnido e Cos risaliva a subito dopo la guerra di Troia dove Macaone e Podalirio, figli di Asclepio, furono i medici dei Greci.
Macaone, secondo gli autori della Piccola Iliade, fu ucciso da Euripilo, figlio di Telefo ( Pausania, III. 9). Di ritorno da Troia Podalirio si fermò a Sirne (Caria). Gli abitanti di Sirne, da lui discendenti, diedero poi origine, a Cnido e a Cos, alle stirpi degli Asclepiadi. I discendenti dei figli di Asclepio, anche loro medici, continuarono, a loro volta, ad insegnare la medicina ai loro discendenti.
Intorno alla metà del VI secolo a.C. Callifonte lasciò Cnido, al seguito di Cnidi e Rodi. Il suo arrivo a Crotone probabilmente non fu casuale, anche questa città era sede di un Asklepieion così come Rhegion (numerose le testimonianze numismatiche) Metaponto e Taranto. Una koinè di medicina ieratica praticata nei templi di Asclepio dominava, quindi, sulla costa orientale della Magna Grecia. A Crotone Callifonte continuò la sua attività di medico e l’insegnamento della medicina al figlio e ad altri seguaci.
La medicina insegnata negli Asklepieia era una medicina religiosa, non cruenta, dolce anche se poi nel tempo vi fece la sua comparsa la medicina scientifica, come è testimoniato dalle sanationes, principalmente di IV secolo a.C., contenute nelle stele dentro il temenos dell’Asklepieion di Epidauro. I fedeli che si recavano nei santuari di notte dormivano nell’abaton, luogo segreto dell’edificio, dove il Dio appariva loro in sogno. Le guarigioni o la consegna dei consigli per la guarigione avvenivano quindi dentro i santuari. Grande fu la rivalità tra gli Asklepieia per il prestigio e il primato in particolar modo tra l’Asclepieion di Cos e quello di Cnido anche se poi nel Corpus Ippocratum, attribuito dalla tradizione ad Ippocrate di Cos, sono compresi molti dei contenuti delle Sentenze Cnidie, tesi diagnostiche e curative dell’Asclepieion di Cnido. A Crotone Callifonte praticò la professione di medico dentro l’Asklepieion (Giamblico, 27.126).
I medici, anche sacerdoti di Asclepio, che operavano dentro il santuario al Dio dedicato, non praticavano la professione al di fuori di esso, non rinunciando però alle offerte che le persone guarite offrivano in segno di gratitudine al Dio. Erano i cosiddetti medici ieratici. Il fatto che medici dell’Asklepieion di Cirene si recassero in Grecia per lavorare non prova, come precedentemente creduto , che essi operassero anche come medici pubblici.
Il desiderio di affermazione professionale, di guadagno e di aggiornamento possono essere stati le cause che hanno spinto Democéde a partire, non a caso, verso Egina, un’isola quasi al centro del golfo di Atene anch’essa sede di un Asklepieion, florida economicamente in quegli anni, i cui abitanti erano dediti con successo principalmente al commercio, e a battere moneta. Sempre Erodoto narra che nell’isola Democéde arrivò senza strumenti professionali e che in poco meno di un anno, grazie ai suoi meriti professionali, fu nominato medico pubblico dietro compenso di un talento. L’anno seguente, Democéde deve essere stato molto convincente nei riguardi dell’assemblea ateniese in quanto passò al servizio degli Ateniesi per 100 mine.
Occorre ricordare che, nel tardo periodo arcaico e in quello classico, la selezione per l’incarico di medico pubblico, destinato nei Ginnasi, o ad accompagnare gli eserciti, o ad altri incarichi sanitari, avveniva nelle assemblee delle città.
I candidati dovevano rendicontare sul lavoro svolto precedentemente, enumerando le persone curate, in molti casi facendone anche i nomi, e i rimedi adottati. Un medico bravo, anche come oratore, aveva più possibilità di ottenere l’incarico. Esisteva una vasta popolazione, urbana e non, che non possedeva possibilità economiche per le cure né possibilità di accesso alle strutture templari o ginnasiali. Il termine encuriale, quindi,non dovrebbe essere sinonimo di medico pubblico ma indicare solo una funzione di esso, tenendo anche presente che negli Asklepieia, come ad Epidauro, al di là delle condizioni economiche, non erano ammessi i pazienti terminali né le donne sul punto di partorire e questo per non contaminare la sacralità del luogo. Anche ad Atene, Democéde dovette operare con la massima diligenza e professionalità, cosicché, oramai al culmine della fama, fu ingaggiato da Policrate di Samo, come suo medico personale, per la cifra di due talenti, contribuendo così ad accrescere la fama, peraltro già grande, della scuola medica crotoniate.
A Samo l’illustre medico si fermò per circa quattro anni (dubbia la cronologia: 525-521? o 521-517?), spettatore della magnificenza di Policrate. Nel 521 o nel 517 Policrate, tradito dalla sua aspirazione di diventare padrone del mare, ingannato da Orete, satrapo persiano, che risiedeva a Magnesia sul Meandro, organizzò una spedizione per impossessarsi della ricchezze di quest’ultimo. Della spedizione faceva parte Democéde. Ucciso da Orete, Policrate fu poi crocifisso. Tra i suoi seguaci,quelli originari di Samo furono lasciati andare liberi, i forestieri, tra cui Democéde, divennero schiavi di Orete. Stando così le cose, la partenza di Democéde da Crotone avvene, dunque, o intorno all’anno 528 o all’anno 524 a. C.
Le vicende di Democéde, nella sua giovane età, si inquadrano nell’ultimo quarto del VI secolo a.C. poco più di un decennio prima, nel 541 a.C., c’era stata la conquista di Sardi da parte di Ciro e nel 538 la conquista di Babilonia. Nel 525 a.C. Cambise II conquistò l’Egitto. L’Impero Persiano era ormai una realtà con la quale le città microasiatiche dovevano rapportarsi. Precedentemente le stesse polèis microasiatiche avevano avuto rapporti commerciali con il regno di Lidia, dopo la caduta della Frigia ad opera dei Cimmeri, e questi rapporti commerciali e culturali si riflettevano anche sulla grecità continentale e sulla Magna Grecia. Con la caduta di Sardi, capitale della Lidia, iniziò il cambiamento politico e istituzionale nelle città microasiatiche con l’imposizione a capo di esse dei tiranni sudditi dell’Impero Persiano. Venne meno, così, l’applicazione del concetto di isonomia promossa dalle oligarchie aristocratiche delle polèis e incominciò a maturare il sentimento antipersiano che in Democéde si sarebbe rafforzato non solo perchè testimone della cattura e della morte di Policrate di Samo, ma anche in ragione della sua permanenza a Sardi come schiavo. Durante il regno di Dario, fu spettatore della sua politica di grandezza e ha sicuramente inteso della magnificenza della reggia di Persepoli in costruzione sotto Cambise e Dario (nel 518 a.C Dario pianificò la costruzione dell’Apadana, la sala delle udienze con monumentali colonne a cui si accede attraverso due scalinate, ricoperte da bassorilievi che celebrano il Gran Re) e terminata poi da Serse.
Susa, allora capitale dell’Impero, era centro di attrazione per professionisti e intellettuali. I grandi lavori di Persepoli attiravano moltissime maestranze. Il desiderio di ritorno in patria di Democéde per molti ha significato lo sdegno e il riconoscimento della superiorità della civiltà greca rispetto a quella dell’Impero Persiano.
A Susa, anche se conduceva una vita agiata, Democéde in quanto straniero, non potè certo salire oltre un determinato grado di promozione sociale e questo rappresentò il motivo principale, oltre al motivo nostalgico che ha sempre contraddistinto gli emigrati in tutte le epoche, del suo desiderio di ritorno in patria. Al ritorno a Crotone, come abbiamo visto, si preoccupò di far sapere a Dario del suo matrimonio con la figlia di Milone, l’atleta la cui fama superava anche i confini dell’Egeo, a dimostrazione di quanto era tenuto in considerazione in patria.
Nel 500 a. C. Alcmeone di Crotone, comprendendo appieno il clima politico che c’era in città, dove i democratici rivendicavano una più allargata partecipazione alla vita politica e amministrativa, nel tentativo di definire la malattia naturale usò la metafora politica dell’isonomia cioè degli eguali diritti degli opposti, comprendenti gli elementi materiali del corpo e i relativi umori: umido-secco, freddo-caldo, amaro-dolce etc., la prevalenza di uno degli opposti (monarchia) provocava la malattia, il regno di uno di essi sarebbe distruttivo. In contrapposizione a ciò, radicalizzando le idee pitagoriche, invece, Democède, la cui formazione culturale e professionale è antecedente all’arrivo di Pitagora a Crotone nel 530 a.C. circa, si oppose, poi, con la maturità, al tentativo di riforma democratica, a dimostrazione di una sua non mai convinta adesione ai sentimenti, antipersiani che animavano i cittadini della grecità continentale e delle città Microasiatiche e che determinarono la rivolta (499)e la sconfitta di Mileto nel 494 a.C. I suoi successi professionali alla corte di Dario sono stati interpretati come la dimostrazione della superiorità della scuola medica occidentale rispetto alla medicina cirenaica e orientale in quegli anni soprattutto da chi, troppo velocemente o demagogicamente, ha dimenticato, però, lo sviluppo conseguito nei secoli dalla medicina indiana, cinese e degli stessi medici di Cirene.


Come Democéde diventa medico di corte del Gran Re.

Erodoto narra che Dario, timoroso del pericolo che Orete portava alla sua regalità lo fece eliminare e fece trasportare le sue ricchezze a Susa. Dopo qualche tempo, al ritorno da una battuta di caccia, Dario sbalzato da cavallo, riportò la lussazione dell’astragalo (… ο’ γάρ οί άστράγαλος έξεχώρησε έκ τών ʹάρθρων). A corte operavano i medici egiziani alle cui cure si affidò. Nonostante le manovre dolorose adottate per ridurre la lussazione i medici egiziani fallirono nell’intento, procurando al sovrano una sintomatologia dolorosa che non lo fece dormire per sette notti e sette giorni. Un collaboratore del Re ricordandosi della presenza a Sardi, tra gli schiavi di Orete, di Democéde, consigliò al sovrano di affidarsi alle sue cure. Democéde applicando cure blande dopo quelle violente, fece sì che il re potesse prendere sonno e in breve tempo gli ridiede la salute (Erodoto III,130).
Nelle sue funzioni di medico pubblico ad Egina e ad Atene Democéde aveva dovuto praticare la chirurgia e molte tecniche deve averle apprese anche a Crotone, dove la società aristocratica dedita alla guerra e all’atletismo aveva fatto sì che i medici pubblici fossero anche esperti nella chirurgia traumatologica. La lussazione dell’astragalo che il Re riportò può avere interessato i rapporti con la tibia. Questo tipo di lussazione può essere accompagnata dalla frattura malleolare. Se non accompagnata dalla frattura malleolare, il meccanismo a pinza dei malleoli rende vani i tentativi di riduzione.
Naturalmente non sappiamo che tipo di lussazione abbia riportato il Re, ma le ipotesi più probabili sono che nel primo caso Democéde potrebbe avere operato in modo incruento con semplici manovre di riduzione dopo sedazione. Le tecniche di ipnosi e la conoscenza di sostanze anche di origine vegetale (oppio) capaci di dare sedazione e ridurre il dolore erano note nella tarda civiltà minoica e in Oriente. Di esse c’è traccia anche nei poemi omerici. La pianta dell’oppio è stata introdotta in Egitto solo al tempo dei Tolomei, anche se non è da escludere il commercio di esso, nella sua fase liquida, tra i paesi produttori e l’Egitto nel tardo bronzo, E’ possibile che Democéde e i suoi colleghi greci avessero delle conoscenze approfondite sulla sua applicazione nella farmacoterapia. Nel secondo caso, sempre in ipnosi o in sedazione, potrebbe avere agito divaricando con una leva il perone e la tibia, allargando così la pinza malleolare per favorire il ritorno nella posizione originaria dell’astragalo.
L’applicazione poi, in questi casi, di unguenti di cera, di adeguati bendaggi, da rimuovere ad intervalli regolari, e di empiastri, come riportato in Ippocrate, Fratture10-11, ha evitato l’insorgere di complicanze quali la necrosi e lenito il dolore. Con più probabilità la lussazione riportata da Dario é stata sotto-astragalica con perdita del rapporto tallone astragalo, un tipo di lussazione che è descritta in Ippocrate, Articolazioni 86. In questo caso Democéde può avere tentato la riduzione della stessa con la trazione sul tallone in flessione plantare.
Dopo qualche tempo la regina Atossa, moglie di Dario e figlia di Ciro,accusò un ascesso (φυ̃μα)al seno , dapprima circoscritto, successivamente esteso alla cute, che Democede curò con successo (Erodoto III, 133). Non si trattò di un cancro come molti autori moderni (P. Menetrier e R.Houdry, J. Körbler) hanno ipotizzato. Infatti, la guarigione completa senza mastectomia, già praticata dalla medicina egizia e orientale, rafforza questa ipotesi diagnostica. L’alternativa può essere stata una mastite, infiammazione diffusa della mammella. Inoltre, i medici del tempo conoscevano le caratteristiche del carcinoma della mammella, indovato nella ghiandola con retrazione del capezzolo e le metastasi linfonodali ascellari. Nella redazione del Corpus Hippocratum, nel De mulierum affectibus, è così descritto.
La terapia anche stavolta deve essere stata prima violenta, incisione con fuoriuscita di pus, e poi blanda con impacchi a base di sostanze aventi proprietà disinfettante. Questi successi professionali procurarono a Democéde la possibilità di una vita agiata alla corte di Dario. Come ricompensa chiese anche che fosse risparmiata la vita ai medici egiziani che avevano fallito nel tentativo di ridurre la lussazione della caviglia del Gran Re e che per questo erano destinati a morire. Ottenne, in seguito, la promessa dalla regina di poter tornare in Grecia al seguito di un spedizione di ambasciatori inviata dal Gran Re per ispezionare la Grecia, in previsione della campagna militare per la conquista della stessa. Quando questi ambasciatori giunsero a Taranto, il re Aristofilide favorì la fuga di Democéde verso Crotone dove sposò la figlia dell’olimpionico Milone. In seguito Democède si preoccupò di farlo sapere a Dario tramite gli stessi ambasciatori persiani che, riusciti a partire da Taranto, giunsero a Crotone nel tentativo di riportarlo indietro come era stato loro raccomandato dal Gran Re (Erodoto III, 137). A Crotone, Democéde partecipò attivamente alle attività politiche al fianco dei pitagorici i quali contribuirono allo sviluppo della medicina nella branca della dietetica e nell’applicazione della musica in medicina come terapia. Si oppose assieme ad Alcimaco, Dinarco e Metone ai tentativi di riforma di Ippaso, Diodoro e Teage di consentire l’accesso di tutti all’assemblea e alle cariche pubbliche. Dopo il Discorso sacro di Ninone, appartenente al ceto popolare, i pitagorici, sul punto di essere attaccati nella casa di Milone, si dispersero. Democéde fu accusato di avere sobillato i giovani per instaurare la tirannide e fu promesso un compenso di tre talenti a chi l’avesse soppresso.
Per Giamblico, in uno scontro armato, Teagene debellò il pericolo rappresentato da Democéde e la città di Crotone gli assegnò i tre talenti.(Vita Pitagorica, 261). Sebbene non si abbiano notizie certe sugli scritti di Democéde, gran parte delle sue teorie sono confluite nel Corpus Hippocraticum.

1- Tra le fonti di Erodoto per le notizie sulla vita professionale di Democéde c’è lo storico Ippi di Reggio. Erodoto attinse al lavoro di Ippi durante il suo soggiorno in Magna grecia a Turii dal 443 al 430, anno della sua morte.

2- Nella Vita Pitagorica, XXII-126,Giamblico narra che a uno straniero, nel santuario di Asclepio a Crotone, era caduta a terra una cintura con del denaro. Per questo era molto contrariato. Un pitagorico presente suggerì di prendere il denaro poiché solo la cintura aveva toccato il suolo. Le leggi vietavano di raccogliere ciò che era caduto a terra.

3- F. Puccinotti dà per scontato il contrario e cioè il solo fatto che esistesse una mobilità dei medici bastava come prova che questi operassero al di fuori degli Asklepieia con l’incarico di medici pubblici (nei ginnasi o con altri incarichi sanitarii conferiti loro dalle polèis).

4- Erodoto parla di φυ̃μα. Per D.M Grmerk un Erodoto, prudente, non avrebbe escluso l’ipotesi di un neoplasma. Neoplasma è sinonimo di neoplasia. Cfr. Sabatini Coletti(Voc. della lingua italiana) 2006.Фυ̃μα ( gonfiore, escrescenza, ascesso, enfiatura, tumefazione) è più una descrizione morfologica che fisiopatologica. L’interpretazione più corretta di φυ̃μαin Erodoto è tumore nel senso di rigonfiamento. E’ uno dei quattro sintomi cardinali dell’infiammazione locale che i medici antichi erano in grado di riconoscere e cioè calore, rossore, tumore e dolore.


Rhegion 425-415 B.C. AR Tetradrachm

BIBLIOGRAFIA
G. De Sensi Sestito,La Calabria in età arcaica e classica. Storia, Economia, Società. In Storia della Calabria Antica. Salvatore Settis (a cura di) Roma-Reggio Calabria 1994.
Erodoto, Storie. Milano 1988.
V. Gazzaniga, Medicina. In L’antichità. Grecia. Umberto Eco ( a cura di ). Milano 2012.
Mirko D. Grmek, Le malattie all’alba della civiltà occidentale. Bologna 2011
J. Jouanna, Il medico tra tempio, città e scuola. In I Greci. Storia, Arte, Cultura, Società. Salvatore Settis ( a cura di). Torino 1997.
A. Krug, Medicina nel mondo classico. Firenze 1990.
G.Marasco, La società crotoniate, i Pitagorici e lo sviluppo delle scienze mediche. In L’arte di Asclepio. Medici e Malattie in età antica. Giovanna De Sensi Sestito ( a cura di). Soveria Mannelli 2008.
S.Mazzarino, Tra Oriente e Occidente. Milano 2011
P.Nencini, Il fiore degli inferi. Papavero da oppio e mondo antico. Roma 2004
Platone, Fedone. Roma-Bari 1990.
G.G. Porro, Asclepio, Saggio Mitologico sulla Medicina Religiosa dei Greci. Forlì 2009.
F. Puccinotti. Storia della Medicina. Medicina antica. Livorno 1850.
D. Rigato, Gli Dei che guariscono. Asclepio e gli altri. Bologna 2013
G. Squillace, I mali di Dario e Atossa, Modalità di intervento,tecniche terapeutiche, modelli di riferimento di Democede di Crotone ( nota ad Erodoto III 129-134,1). In L’arte di Asclepio. Medici e Malattie in età antica. Giovanna De Sensi Sestito ( a cura di). Soveria Mannelli 2008.

Per maggiori informazioni
Contatto
Antonino Modaffari
89035 Bova Marina (Reggio Calabria) Italia
Ufficio Stampa
Guglielmo Palamara
 Circolo della Stampa Forlì-Cesena (Leggi tutti i comunicati)
via Marcolini,4
47121 Forlì Italia
[email protected]