Il meglio del Made in Italy finisce in mani straniere, di Clerici (Assoedilizia)

Fonte: Informazione Quotidiana
Roma, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni) “Il meglio del Made in Italy finisce in mani straniere” QN, Il Giorno, Il Resto del Carlino, La nazione del 3 ottobre 2015 – Achille Colombo Clerici Assoedilizia

Gli investimenti diretti esteri IDE rappresentano un indice della fiducia di cui imprese e finanza straniere godono in un determinato Paese. Ebbene nel 2014 – dati Unctad, Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo – l’Italia si pone al vertice, con la Slovenia, dell’incremento maggiore in Europa rispetto al 2013: più 3,5%, che per il nostro Paese e’ pari a 9,5 Mld di euro, portando il totale IDE nell’anno 2014 a 281,3 Mld. Quindi l’Italia, secondo questi dati, sarebbe uno dei Paesi al mondo in cui è meglio investire.

Ci sarebbe motivo per far twittare felice qualsiasi governante. Se non fosse che, analizzando i dati, l’entusiasmo cala di molto.

A parte il basso livello di partenza; per cui qualunque minimo incremento e’ significativo. In Italia rispetto al Pil gli Ide sono soltanto il 17,4%. Penultimo posto prima della Grecia tra i 19 Pesi europei presi in considerazione: pre fanalino di coda ormai da 8 anni. Ma spesso si tratta di acquisizioni nei settori più appetibili del made in Italy (trasporti, moda, alimentari, servizi, trasporti e telecomunicazioni, commercio) che vanno a finire in mani straniere, in massima parte di grandi gruppi finanziari: a conferma, il fatto che il minuscolo Lussemburgo, dove hanno sede questi gruppi, e’ con circa il 40%, di gran lunga il maggiore investitore in Italia (seguono la Francia con oltre il 20% e il Belgio con 12,4). Infine, la maggior parte degli afflussi esteri – circa il 70% – si concentra nel Nord-Ovest del Paese, in tre regioni, Lombardia, Piemonte, Liguria; all’intero Sud, cioè un terzo d’Italia, va solo il 2%, accrescendo uno squilibrio foriero di pesanti conseguenze, sociali oltrechè economiche.

Il Paese non riesce ad essere competitivo nel mondo globalizzato e nell’ Europa e corre il rischio che si ripeta, su scala nazionale, quanto è successo all’economia del Mezzogiorno dopo l’unità d’Italia, incapace di resistere alla concorrenza delle più moderne e organizzate industrie del Nord. Le cause sono arcinote da tempo: corruzione, lentezza della giustizia, eccessiva tassazione e burocrazia, carenze infrastrutturali, malavita organizzata che è attiva più o meno dovunque nel Paese, ma particolarmente in alcune regioni del Sud.
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