Nino Benvenuti a RS: “Quando la boxe era sentimento”

Dal trionfo alle Olimpiadi di Roma 1960 fino agli storici match contro Mazzinghi, Griffith e Monzon: Nino Benvenuti racconta la sua carriera a Rivista Sportiva
ROMA, (informazione.it - comunicati stampa - sport) Parlare di pugilato con Nino Benvenuti è come sfogliare un’ enciclopedia di ricordi della boxe italiana: un compendio di gloria e trionfi, emozioni, lacrime e cuore di una disciplina che lo ha visto scrivere pagine storiche ed indimenticabili, a tutt’oggi attuali malgrado il tempo perché la gloria, si sa, resta scolpita negli anni.
Campione olimpico nel 1960 a Roma, campione mondiale dei superwelter tra il 1965 e il 1966, campione mondiale dei pesi medi tra il 1967 e il 1970, ha inoltre vinto prestigiosi riconoscimenti quale la coppa Val Barker a Roma 1960, trofeo con il quale si premia il pugile ritenuto migliore da un punto di vista tecnico arrivando davanti ad un certo Cassius Clay: nel 1968 conquista il prestigioso premio Fighter Of the Year assegnato al pugile che più si è distinto nel corso dell’anno ed inoltre due suoi march, il primo della trilogia con Griffith (1967) e quello contro l’argentino Monzon di tre anni dopo (1970) vincono il premio Match Of The Year.
“I ricordi della mia vita sono stupendi, meravigliosi” ci dice introducendo l’intervista. E sfogliando con lui il suo album di ricordi non abbiamo motivo di dubitarne.
Sig. Benvenuti, iniziamo dall’ Olimpiade di Roma del 1960. Lei vinse la medaglia d’oro nella categoria welter oltre che la coppa Val Barker, destinata al pugile tecnicamente migliore dell’olimpiade e ottenuta classificandosi davanti al mediomassimo Cassius Clay. Che ricordo ha di quella manifestazione?
“Naturalmente ho ricordi straordinari: vinsi l’oro olimpico e anche il premio come pugile più tecnico della manifestazione, tutte le cose più belle che uno può immaginare le avevo conquistate in una manifestazione. Si trattava di traguardi che, come atleta, avevo sognato sin da bambino: averli ottenuti fu una soddisfazione immensa e in quel momento ogni altra cosa passò in secondo piano.”
L’esser stato scelto per il premio di pugile più tecnico e preferito ad un certo Cassius Clay, ad oggi, che effetto le fa?
“Beh diciamo che certamente quella volta non si sapeva ancora bene chi fosse Cassius Clay, lo si sarebbe scoperto dopo; in quel momento ero io e basta. Ed ero felice per averlo vinto, essere il primo di tutti è stato molto bello.”
Poco dopo quell’olimpiade di Roma lei abbandona i dilettanti e passa al professionismo con uno score di 120 vittorie ed una sola sconfitta: sconfitta che, tra l’altro, traballa un po’ e molti continuano a non riconoscere. Ci racconta questa storia?
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