Scimmie schiave nelle piantagioni di cocco, sfruttate come forza lavoro animale in agricoltura. Un delitto contro l'essere vivente.

L'appello dello Sportello dei diritti: “Non acquistare prodotti realizzati sfruttando gli animali”. Il consumatore è responsabile sociale e non deve rendersi complice della schiavitù anche degli animali
LECCE, (informazione.it - comunicati stampa - società) Nuove atrocità contro gli animali. In Sumatra nei mercati, in particolare quello di Sungai-Sariak a Pariaman ad Ovest dell'Indonesia, si presenta uno spettacolo agli occhi dell'osservatore, davvero raccapricciante. Scimmie macachi vengono trasportate qui, stipati in piccole gabbie, per essere vendute come "forza lavoro" da impiegare nella raccolta del cocco. La loro grande intelligenza le ha condannate ad una vita di schiavitù per essere impiegate nella raccolta del cocco grazie alla loro capacità di imparare rapidamente. Ogni scimmia costa l'equivalente di 7,50-44,50 franchi, a seconda dell'intelligenza. Una volta vendute, questi poveri animali terrorizzati vengono prelevati dalle loro gabbie, allontanati dai loro simili ed incatenati perché non scappino. D'ora in poi, saranno schiavi degli agricoltori di cocco indonesiani. Sfruttamento della forza lavoro animale in agricoltura. In questo modo, gli agricoltori risparmiano moltissimo sulla forza lavoro. In altri luoghi, come la Tailandia, l'abitudine di schiavizzare gli animali per impiegarli come forza lavoro è parte integrante dell'agricoltura del paese. Inizialmente le scimmie vengono addestrate molto duramente. Quindi cominciano le interminabili giornate di lavoro nelle piantagioni. Gli animali che non obbediscono vengono puniti, talvolta perfino frustati. Il consumatore finale che acquista le noci di cocco al supermercato, non immagina quali siano le atroci condizioni degli animali impiegati nella raccolta di questi frutti. Nessuno sembra preoccuparsi del benessere di questi animali. in Italia per fortuna, osserva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la Corte di Cassazione penale ha evidenziato come con l’introduzione dell’art. 544 ter nel codice penale gli animali devono essere tutelati in quanto esseri viventi, non solo come proprietà di qualcuno aumentando dunque le pene previste dall’art. 638 inserito tra i reati contro il patrimonio. Quindi, chi procura lesioni gravi a un animale e lo sevizia senza motivo e con crudeltà risponde di maltrattamenti di animali, un preciso capo di imputazione introdotto nel codice penale dalla legge del 2004. Per tali ragioni lo “Sportello dei Diritti” lancia un appello ai consumatori: “Non acquistare prodotti realizzati attraverso lo sfruttamento e la schiavitù anche degli animali”, non rendersi complici” dello sfruttamento degli animali che sembra “abbia luogo nell’indifferenza generale".
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