Dibattito della Fondazione Corriere della Sera con il Consolato di Svizzera a Milano – “Democrazia e Libertà”

Democrazia e libertà, alla crisi si reagisce con l’informazione diffusa Un dibattito sulla fragilità del sistema democratico al Consolato svizzero di Milano con Fondazione Corriere della Sera
Milano, (informazione.it - comunicati stampa - varie)

Democrazia e libertà, alla crisi si reagisce con l’informazione diffusa

Un dibattito sulla fragilità del sistema democratico al Consolato svizzero di Milano con Fondazione Corriere della Sera

di Saverio Fossati

All’evento del 6 marzo al Centro Svizzero di Milano per presentare e dibattere sul nuovo libro di Adriano Cavadini “Democrazia e libertà”, patrocinato dalla Associazione Carlo Cattaneo di Lugano (Fontana Edizioni) ha partecipato anche il presidente di Assoedilizia tra i fondatori della Carlo Cattaneo, Achille Colombo Clerici, che si è intrattenuto con l’autore e con il relatore al dibattito Ferruccio de Bortoli, presidente della Fondazione Corriere della Sera, che ha organizzato l’evento con il Consolato generale di Svizzera a Milano. L’audio registrato andrà in onda lunedì 11 marzo su radio Rete 1 Svizzera.

Dopo i saluti il console generale di Svizzera Stefano Lazzarotto, l’evento, moderato dalla giornalista RSI Verena Szabo, ha ricordato le tematiche prioritarie della politica estera elvetica, tra le quali per la prima volta compiono multilateralismo, pace, ambiente e sicurezza. Un libro che definirei importante – ha detto Lazzarotto – dedicato all’interazione tra democrazia e libertà. Tra tutti gli aspetti del libro mi piace menzionare lo spirito critico, alla base della civiltà occidentale: lo spirito critico non serve come arma retorica per convincere gli altri ma per capirne le ragioni”.

L’evento è iniziato con Cavadini, ex parlamentare svizzero, che, rispondendo a una domanda della moderatrice, ha raccontato la sua lunga esperienza politica a livello cantonale e nazionale: “In tutte queste attività il mio era un contributo non al 100% ma svolgevo anche attività di economista e dopo 12 anni di politica a Berna non mi sono spettate indennità o pensioni. Nel libro ho cercato si spiegare concretamente, anche con schemi e fotografie, con esempi e testimonianza, perché è importante occuparsi di politica”.  La democrazie si misura, ha detto ancora Cavadini, considerando gli elementi di imperfezione come in Italia o negli Usa, per esempio la tutela maggiore o minore della libertà di stampa: “Senza una serie di libertà, come quella economica, di spostarsi, di esprimersi, la democrazia non esiste”.

Tre quarti dei Comuni svizzeri, ha ricordato Cavadini, hanno la formula dell’assembla comunale, che il municipio deve convocare per farsi ratificare progetti e bilanci. Vero è che la partecipazione è scarsa ma l’istituzione è molto seguita quando i temi interessano davvero la popolazione. “La democrazia è un modello imperfetto e in evoluzione continua ma è l’unico che permette al popolo di esprimersi direttamente o indirettamente”. Per de Bortoli nel caso della crisi pandemica ha prevalso la salute pubblica sulle libertà individuali e le istituzioni devono recuperare. Ma alcuni pensavano che le “democrature” avrebbero affrontato meglio la situazione e così non è stato. Purtroppo, nella globalizzazione è accaduto che i ceti medi si sono impoveriti e la democrazia si sarebbe allargata come con l’illusione della guerra in Irak, anzi ha visto un successo quanto meno economico dei regimi non liberi. Le democrazie sopravvivono se i cittadini mantengono la memoria dei sacrifici fatti per conquistare le libertà”.

Alberto Martinelli, professore emerito di Scienza politica e sociologia alla Statale di Milano, ha affrontato il tema dell’Ucraina: “non si può aggredire impunemente un altro Stato, questo comporta una serie di problemi: costi economici e di vite umane. Ma soprattutto la guerra alimenta il nazionalismo di aggressore e aggredito. Il grande progetto dell’Unione europea, che imita il progetto elvetico, è nato per superare quelle che chiamo guerre civili all’interno dell’Europa”.

Sulla guerra a Gaza de Bortoli ha specificato che in Israele esiste un governo eletto, che si può criticare, ma preoccupa l’isolamento di Israele a livello internazionale, e la ripresa dell’antisemitismo. Così come non possiamo abbandonare l’Ucraina perché ‘costa’. E dobbiamo renderci conto che la democrazia è un incidente della Storia. Saremmo andati, noi, al funerale di Navalny come hanno fatto quelle persone che hanno rischiato?”.  L’esportazione del modello democratico – ha detto Martinelli – è una presunzione e comporta un doppio standard: i diritti valgono molto per noi ma meno per altri. Molti Paesi europei non hanno fatto i conti fino in fondo con il loro passato coloniale, come non li abbiamo fatti noi con il fascismo. L’atteggiamento neo coloniale ha certo reso più difficile l’esportazione della democrazia e dobbiamo cambiare atteggiamento se vogliamo creare un atteggiamento di sospetto da parte dei Paesi del terzo mondo”.

“Non credo che noi abbiamo un sistema perfetto – ha spiegato Cavadini – e votiamo quattro-cinque volte all’anno: il Cantone Ticino ha votato in 170 anni 300 volte su temi cantonali. E votiamo a livello nazionale sui temi fiscali come l’aumento dell’Iva. Per questo le persone sono spinte a informarsi”. Proprio sull’informazione de Bortoli, stimolato dalla moderatrice, ha riconosciuto che “Informarsi comporta una certa fatica, mentre la diffusione dei social network è alla base di convinzione di molti che basti dare un’occhiata ai titoli per sapere tutto. Il populismo è ‘domande legittime con risposte sbagliate’. La pubblica opinione deve essere formata da persone che si informano, che sviluppano un pensiero critico. Mentre pensare che una spiegazione seria possa essere compresa nello spazio di un tweet. Altrimenti le pubbliche opinioni sono formate da onde di tifosi o da militanti che cercano solo conferme alle loro idee”.

Cavadini ha richiamato i compiti che hanno la scuola e la società per abituare i giovani a informarsi e a sviluppare uno spirito critico, altrimenti può dilagare la semplificazione massima. Le democrazie sono nel purgatorio e non nel paradiso ma teniamocele strette per non cadere nell’inferno delle dittature. Martinelli ha suggerito che “La scuola può essere un grande antidoto. All’università facevamo un esercizio dividendo gli studenti in due gruppi su un tema attuale e ciascuno doveva sostenere una tesi: il successo consisteva nel fatto che almeno uno o due dei gruppi cambiasse opinione. In passato c’erano i partiti che avevano questa funzione. Non vedo però alternative alla democrazia”. Per Cavadini “Tra le fragilità c’è la scarsa partecipazione dei cittadini ma una democrazia dove i cittadini sono solo spettatori non funziona. Anche in Svizzera la partecipazione al voto è diminuita ma è sempre più faticoso trovare persone disposte ad assumere cariche pubbliche, questo è un grosso pericolo”. Sulla stessa linea de Bortoli: “C’è un certo disincanto, dovuto anche al fatto che alcuni poteri siano stati devoluti alle istituzioni europee. Sino a pochi hanno fa chi non votava veniva sanzionato ma chi non vota non si comporta da cittadino, non è una scelta ma una rinuncia. Nel 1979 alle prime elezioni europee in Italia la partecipazione fu dell’85 per cento”. “Chi non vota subisce le decisioni di chi è andato a votare – ha affermato Cavadini – è un gioco pericoloso che l’educazione deve evitare”. Martinelli vede nelle democrazie “Molte fragilità e debolezze, soprattutto in quella statunitense, e una potenza che compete per l’egemonia mondiale con la Cina mette un po’ a rischio la propria democrazia interna. L’Europa è una speranza ma deve diventare adulta e diventare un attore di equilibrio”.

ASSOEDILIZIA informa

Foto:
Da sin. Alberto Martinelli, Adriano Cavadini, Achille Colombo Clerici, Ferruccio De Bortoli