Metodo Zamboni: parla l'angiologo Aldo d'Alessandro

Sull'ancora controverso tema della correlazione tra l'insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI), scoperta dal prof. Zamboni dell’Università di Ferrara nel 2007, e la sclerosi multipla (SM), abbiamo intervistato il dottor Aldo d'Alessandro, angiologo ospedaliero e Presidente Nazionale della Società Italiana di Flebologia Clinica e Sperimentale (SIFCS)
Trieste, (informazione.it - comunicati stampa - salute e benessere) Sull'ancora controverso tema della correlazione tra l'insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI), scoperta dal prof. Zamboni dell’Università di Ferrara nel 2007, e la sclerosi multipla (SM), abbiamo intervistato il dottor Aldo d'Alessandro, angiologo ospedaliero e Presidente Nazionale della Società Italiana di Flebologia Clinica e Sperimentale (SIFCS)

1) Dottore, nella sue esperienza diagnostica della CCSVI, in quale percentuale di malati di sclerosi multipla lei finora ha trovato la CCSVI?

"Ho iniziato ad interessarmi di CCSVI nel 2007, dopo una relazione del prof. Paolo Zamboni a Cagliari nell’ambito del Congresso Nazionale della mia Società Scientifica. Parlò di questa nuova entità nosologica e la sua correlazione con la sclerosi multipla, ed ottenne una standing ovation che vidi per la prima volta nella mia vita. Decisi allora di frequentare il Master di 2° livello che il prof. Zamboni organizzò all’Università di Ferrara nell’anno accademico 2010/11.
Ho studiato oltre 300 pazienti con SM e i dati di corrispondenza sono stati di circa il 92%. Questi dati sono stati argomento della mia tesi del Master e successivamente di pubblicazione sulla rivista Italian Journal Practice Cardiology 2/2013:70-83 e presentati con un Poster al Congresso Mondiale di Flebologia di Boston a settembre 2013."

2) A suo avviso si tratta di un esame molto complesso? Richiede un'esperienza specifica?

"E' probabilmente l’aspetto più interessante; l’esame che si effettua per la ricerca della CCSVI è per me, specialista in Angiologia medica, un esame estremamente complesso che necessità di adeguata preparazione in termini di addestramento ma anche di mentalità. Questo è stato secondo me il principale motivo che ha contrapposto medici di diverse specializzazioni."

3) Per quanto riguarda coloro che si sono poi si sono autonomamente sottoposti all'intervento di angioplastica (PTA) nei controlli post-intervento quale percentuale di successo “tecnico” angiografico ha osservato?

"Bisogna distinguere diversi momenti; se per successo tecnico si considera la flebografia che mostra, subito dopo la PTA, la riapertura del vaso allora ciò succede in quasi la totalità dei casi. Il problema è che in una percentuale molto variabile ma comunque elevata il quadro emodinamico, dopo diversi mesi, può tornare alla condizione precedente alla PTA. Ciò mi ha fatto sempre pensare che la sola PTA non può essere la terapia di elezione della CCSVI."

4) Relativamente ai sintomi della sclerosi multipla che cosa ci può dire? Ci sono stati dei miglioramenti dopo l'intervento?

"Oltre il 90% dei pazienti ha ottenuto benefici dopo l’intervento di PTA, il problema è, come dicevo prima, fare in modo che il risultato tenga che diventa difficile; ciò ha determinato nei pazienti trattati e anche negli specialisti neurologi, diffidenza se non critiche aperte a volte immeritatamente feroci."

5) Il team del prof. Zamboni in una pubblicazione dell’anno scorso (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23761870) ha ipotizzato tra le possibili cause di ostruzione venosa una compressione del muscolo omoioideo. A Catania alcuni suoi colleghi hanno iniziato a fare interventi chirurgici su questo muscolo. Cosa ne pensa in merito?

"Questo è ciò a cui ci tengo di più. Dal 2010 il prof. Mandolesi ha ipotizzato la possibilità che di CCSVI ci fossero di 3 tipi: il primo tipo vascolare (la classica CCSVI con anomalie intravenose) il secondo tipo (la sindrome compressiva venosa) la terza di tipo misto. Nel 2010 insieme al prof. Mandolesi ed al prof. Fedele all’Università SAPIENZA di Roma abbiamo costituito l’Osservatorio Nazionale Epidemiologico sulla CCSVI (ONE CCSVI) e reclutato migliaia di pazienti; ebbene abbiamo notato che la maggioranza dei pazienti aveva compressioni estrinseche e non anomalie intravenose e ciò pertanto spiegava perché ci fossero molte cosiddette restenosi. La verità è che trattare un vaso se questo è compresso dall’esterno dai muscoli o dalle cervicali non ha senso. Comunque io ci andrei molto cauto a tagliare un muscolo, si può ottenere lo stesso risultato con la osteopatia/chiropratica."

6) Molti neurologi continuano a negare la stessa esistenza della CCSVI scoperta dal prof. Zamboni e considerano inutile se non pericoloso l'intervento di angioplastica, per cercare di disostruire le vene. Cosa vorrebbe dire a questi colleghi così scettici?

"Il prof. Zamboni ci ha aperto la mente, facendoci studiare un sistema venoso che mai avevamo studiato, ci ha fatto scoprire anomalie prima inesistenti e valorizzato muscoli spesso misconosciuti o comunque sottovalutati. A questo scienziato bisognerebbe dire grazie tutti i giorni, ma come si sa la gratitudine non è di questo mondo e l’invidia prevale su tutti gli altri sentimenti. Voglio rassicurare tutti che la PTA che si esegue nella CCSVI non è pericolosa e che quotidianamente viene effettuata su migliaia di pazienti nelle patologie più diverse. Secondo me la strada però non è questa. Stiamo mettendo a punto nel nostro TEAM dell’Università di Roma una procedura non invasiva (di tipo fisiatrico e strumentale) che sarà presentata al Congresso Nazionale della Società Italiana di Flebologia Clinica e Sperimentale, di cui mi onoro di esserne il Presidente Nazionale, e che si terrà a Bari 4-6 dicembre e che vedrà la partecipazione del prof. Paolo Zamboni."
Ufficio Stampa
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