Una biografia dimenticata di Giacomo Leopardi

La casa editrice Remo Sandron di Firenze ha pubblicato una nuova edizione del saggio biografico su Leopardi di Giovanni Alfredo Cesareo, apparso nel 1902 e da lungo tempo indisponibile al pubblico.
Firenze, (informazione.it - comunicati stampa - editoria e media)

La vita di Giacomo Leopardi
di Giovanni Alfredo Cesareo
a cura di Elisabetta De Troja
Collana: Rarità letterarie del primo Novecento
Edizioni Remo Sandron
Pagg. 164
Prezzo: € 13,00
http://www.sandron.it/scheda_vita.htm

Il saggio di Cesareo nasce in un periodo particolarissimo degli studi leopardiani, segnato dalla pubblicazione in pochi anni delle ricerche psico-antropologiche di Cesare Lombroso, Giuseppe Sergi e Mariano Luigi Patrizi. Il Cesareo, formatosi in un ambiente culturale influenzato dal positivismo e in particolare dall’insegnamento dell’antropologo Sergi, trae da questa scuola di pensiero l’impulso a investigare le opere dei grandi scrittori senza remore o pregiudizi e la convinzione che la esatta conoscenza della personalità di un artista sia necessaria per la piena comprensione della sua opera.
La sua indagine è infatti tutta rivolta alla definizione della personalità morale del grande Giacomo. Lo scopo dichiarato di questo libro è infatti indagare «l’essenza morale del poeta, il carattere suo», e dimostrare «che tutta la vita e tutta l’opera del poeta di Recanati fu il necessario prodotto di quel carattere», come scrive l’Autore in sede di prefazione. Il profilo di Leopardi disegnato dal Cesareo è dunque fortemente influenzato dalle tesi degli studiosi positivisti e occupa quindi un posto a parte nella storia della filologia leopardiana, in netta antitesi sia rispetto alle posizioni romantiche sia a quelle di tanta critica novecentesca.
Questa nuova edizione, scrupolosamente curata da Elisabetta De Troja, rappresenta per tutti i lettori e gli studiosi di Leopardi un’occasione di riscoperta di un momento unico della critica leopardiana, oggi quasi ignorato, capace di proporre chiavi di lettura certamente suggestive, che a molti contemporanei probabilmente riusciranno sorprendenti e provocatorie.

Specimen:
Ma circa i primi del 1816 cominciò a provare un’irrequietezza, uno smarrimento, un malessere, da prima vago e ineguale, poi a mano a mano più profondo, angoscioso e continuo. La vista, che avea troppo affaticata su’ libri, a volte gli s’oscurava d’un tratto; al lavoro non poteva più reggere; si sentiva triste e spossato senza ragione; avea perso l’appetito ed il sonno. Oltre a ciò, la sensibilità gli s’era acuita per modo, che qualunque impressione un po’ fuori dell’ordinario gli riusciva intollerabile. La notte, egli aveva paura dello sterminato silenzio; la sera gli accadeva sovente di lasciar la conversazione e andare a lenire nel buio i suoi occhi che gli frizzavano per lo spasimo della luce. Ora una baggianata detta da alcuno, che prima l’avrebbe fatto rider di cuore, gli provocava un’irritazione veemente; i difetti del padre, segnatamente la sua presunzione e ciò ch’egli per allora credeva la sua tirchieria, cominciavano a infastidirlo. Si sentiva avvilito e disperato di quella sua nuova condizione; temeva che gli altri se n’accorgessero, e istintivamente rifuggiva dalla vista degli uomini, e cercava la solitudine. Che cos’era accaduto? Una malattia, congenita in lui per ragioni d’eredità, la rachitide1 (negli antenati del Leopardi erano state frequenti le nozze fra consanguinei, le morti premature e le infermità nervose), fino a quando era stata combattuta con l’abbondante alimentazione, con l’esercizio muscolare, con l’aria sana de’ campi, con la distrazione, s’era rimasta occulta; ma quando Giacomo, e per l’appunto nella crisi della pubertà, s’assoggettò a quell’eccesso di fatica mentale per sei anni continui e trascurò quasi affatto il regime del corpo, il morbo, che non trovava più resistenza, gli cominciò segretamente a roder le ossa, gl’intorbidò le pupille, gli azzannò la spina dorsale e arrestò in parte, in parte disviò, il normale sviluppo dell’organismo. A codesto processo di degenerazione fisica rispondeva, come ciascuno può intendere, un perturbamento morale del giovine; il quale, per altro, ignorava che quel suo modo differente di considerare le cose dipendesse, non mica dal mutamento di queste, ma dalla sua propria trasformazione.

Giovanni Alfredo Cesareo (Messina, 1860 - Palermo,1937) oltre che autore di canzoni, poeta e drammaturgo, è uno storico della letteratura dai molteplici interessi: si è occupato del Petrarca, di Salvator Rosa, di Giovanni Meli, dei lirici siciliani del Duecento e di Giacomo Leopardi. Critico di tendenze realiste, fu influenzato dal positivismo e in seguito dallo storicismo di De Sanctis. È stato per molti anni professore di letteratura italiana all’Università di Palermo.
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