IRAN: GUARDIAMO AI BAHA'I E NON SOLO A SAKINEH

Articolo pubblicato su PANORAMA di Farian Sabahi, docente presso l'Università di Torino e giornalista specializzata, che scrive per il Sole24ore, Io Donna e Vanity Fair. Collabora con alcune radio locali e straniere. Per Bruno Mondadori ha scritto Storia dell'Iran (dal 1892 a oggi) e per Laterza "Un'estate a Teheran". Nel 2010 è stata insignita del premio di giornalismo Amalfi Media Award.
Bassano del Grappa, (informazione.it - comunicati stampa - società)

Quando guarda all’Iran l’Italia è assorta dal caso di Sakineh, la donna adultera e coinvolta (sembra) nell’omicidio del marito. Ma Sakineh non deve far distogliere l’attenzione da altri casi importanti, mi scrive una coppia di iraniani di fede bahai residenti nel Canton Ticino. La notizia riguarda i sette dirigenti bahai in carcere in Iran, nei confronti dei quali la magistratura della Repubblica islamica si è pronunciata con severità: vent’anni di prigione.
Mentre i legali dei prigionieri preparano il ricorso contro la sentenza, il governo della Nuova Zelanda esprime la propria preoccupazione che il processo non sia stato “celebrato in modo equo e trasparente”. “La Nuova Zelanda è molto delusa che l’Iran non abbia tenuto fede ai propri impegni internazionali nei confronti dei diritti umani e non abbia seguito in questo caso le giuste procedure legali”, ha detto il ministro degli esteri, Murray McCully.
“E’ evidente che le sentenze sono basate unicamente sul fatto che queste persone sono membri di un gruppo minoritario“, ha detto McCully in una dichiarazione del 20 agosto. “La Nuova Zelanda invita il governo dell’Iran a proteggere i fondamentali diritti umani di tutti i suoi cittadini e a porre fine questa costante e sistematica persecuzione dei baha’i”, ha detto.
I governi dell’Australia, del Canada, della Francia, della Germania, dell’Olanda, del Regno Unito e degli Stati Uniti d’America, nonché l’Unione Europea e il presidente del parlamento europeo, hanno già condannato la sentenza contro i sette.
Sulla scia della richiesta di numerosi organismi internazionali che i prigionieri siano liberati, alcuni gruppi che si occupano delle violazioni dei diritti umani in Iran, come la Human Rights Activists News Agency, United4Iran, e Amnesty International hanno ora lanciato una campagna che incoraggia a scrivere lettere che chiedono giustizia per i sette. In difesa dei dirigenti baha’i hanno parlato anche eminenti personaggi, come l’avvocato britannico Cherie Blair.
Minority Rights Group International (Mrg), che difende le minoranze svantaggiate e le popolazioni indigene, ha espresso la propria preoccupazione per le sentenze: “Dato che nessun osservatore indipendente ha avuto il permesso di assistere al processo e data la storia di persecuzioni contro la comunità baha’i in Iran, il risultato non contribuirà certamente a incoraggiare la fiducia nel sistema giudiziario iraniano”, ha detto Carl Soderbergh, direttore delle politiche e delle comunicazioni di Mrg. “Mrg chiede all’Iran di cassare le condanne e di liberare immediatamente gli imputati”, ha aggiunto Soderbergh.
Prima di essere arrestati nel 2008, i sette prigionieri erano membri di un gruppo di livello nazionale noto come Yaran, o Amici, che contribuiva a provvedere alle necessità minime dei 300.000 membri della comunità baha’i iraniana. Fra i gruppi per i diritti umani che chiedono giustizia per i sette, la Human Rights Activists News Agency (Hrana) invita le persone di tutto il mondo a unirsi a una campagna che prevede di scrivere lettere che affermano Siamo Yaran. La bozza della lettera preparata dalla Hrana afferma: “Le accuse contro questi baha’i sono infondate e la condanna a vent’anni di prigione è ingiusta e inaccettabile”.
United4Iran, una network globale apartitica che promuove i fondamentali diritti umani e civili in Iran, chiede ai visitatori del suo sito web di ricordare i prigionieri, inviando lettere e-mail ai capi del mondo e ai funzionari iraniani. “Data l’età avanzata di molti di questi dirigenti spirituali, l’Iri (Repubblica Islamica dell’Iran) ha in pratica emesso condanne a vita”, dice il gruppo. Un portavoce di United4Iran ha dichiarato che mercoledì scorso erano già stati inviati oltre 1100 messaggi attraverso il link del sito web.
Negli Stati Uniti, Amnesty International ha raccomandato ai propri membri di scrivere al capo del sistema giudiziario iraniano protestando contro il processo e le sentenze.
In un articolo pubblicato mercoledì dal The Guardian nel Regno Unito il noto avvocato britannico Cherie Blair ha detto che il processo contro i sette è stato una “farsa”: “Nei due anni di prigionia, i legali che lavorano con [il premio Nobel Shirin] Ebadi hanno avuto meno di due ore di colloqui con i loro clienti”, ha scritto la signora Blair. “Hanno avuto solo poche ore per esaminare le centinaia di pagine degli incartamenti. Nel poco tempo loro concesso, hanno scoperto che i documenti sono stati scritti da funzionari del ministero dei servizi segreti, malgrado la legge iraniana dica che questi agenti non devono essere incaricati di indagare . . . gli accusati”.
L’accusa di spionaggio espone la realtà del crudele comportamento del regime. Nel corso degli anni i baha’i sono stati accusati di essere strumenti dell’imperialismo russo, del colonialismo britannico, dell’espansionismo americano e di recente del sionismo: “Ma quando apprendiamo che ai baha’i accusati di essere spie di Israele si offrono il perdono e la riacquisizione di tutti i diritti della cittadinanza se rinnegano la loro fede, ci accorgiamo che quelle accuse sono del tutto infondate. È improbabile che la profanazione dei cimiteri baha’i, la demolizione di santuari e la confisca di proprietà baha’i siano la punizione di una banda di spie. La verità dietro queste sentenze è che sono un tentativo di decapitare i 300.000 membri della comunità baha’i iraniana. In quanto membri della maggiore minoranza religiosa dell’Iran, essi hanno subito decenni di discriminazioni, vessazioni e trattamenti mostruosi. Di recente, cinquanta case baha’i sono state demolite nell’Iran del Nord e sappiamo che in questo momento sono in prigione altri 47 baha’i”, ha scritto la signora Blair.
Il primate della Chiesa cattolica romana in Scozia, l’Arcivescovo di Sant’Andrea ed Edimburgo, ha detto oggi che i vent’anni di prigione comminati ai dirigenti baha’i sono “una terribile trasgressione della giustizia e una grave violazione del diritto umano della libertà di fede. «Mi unisco in preghiera ai seguaci della Fede baha’i che soffrono in questo momento in Iran e anche alle molte altre persone di buona volontà che soffrono per la propria fede in altre parti del mondo”, ha detto il cardinale Keith Patrick O’Brien.
In un video pubblicato su YouTube, l’attore Omid Djalili ha detto che la notizia della condanna lo ha sconvolto. “La Fede baha’i è una religione pacifica con una visione universale di unità di tutti gli esseri umani, di tutte le fedi. Essa difende strenuamente i diritti umani. Perciò è ridicolo tenere in prigione questi sette personaggi come se avessero commesso un grave crimine“, ha detto il signor Djalili, il cui video ha avuto oltre ottomila visite nei primi giorni.
“«La protesta internazionale proseguirà”. I prigionieri, Fariba Kamalabadi, Jamaloddin Khanjani, Afif Naeimi, Saeid Rezaie, Mahvash Sabet, Behrouz Tavakkoli e Vahid Tizfahm, hanno respinto tutte le accuse, di spionaggio, propaganda contro la repubblica islamica e costituzione di un’amministrazione illegale. Essi si trovano ora nella prigione di Gohardasht a Karaj, a circa 20 chilometri o ovest di Teheran.
“A ogni buon conto, le accuse contro di loro sono assolutamente infondate e il processo è stato solo una farsa“, ha detto Diane Ala’i, rappresentante della Baha’i International Community presso le Nazioni Unite a Ginevra. “Finché resteranno in prigione, la protesta internazionale proseguirà”, ha detto la signora Alai.

< b="">lfonte: http://blog.panorama.it/mondo/2010/08/30/iran-guardiamo-ai-bahai-e-non-solo-a-sakineh/
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