CCSVI: dalla ricerca italiana novità sulla Sclerosi Multipla

Resta ancora un esperimento ma la scoperta del prof. Paolo Zamboni è un'importante novità nella ricerca sulle cause della Sclerosi Multipla. «Questi malati - sostiene - hanno le vene cerebrali che non funzionano bene. La ragione è che si sono ristrette, un fatto che probabilmente era sfuggito perché non si trovano all'interno del cranio, ma nel collo e nel torace, molto più vicine al cuore che non al cervello. Abbiamo scoperto che questo problema è peculiare della sclerosi multipla».
, (informazione.it - comunicati stampa - salute e benessere) Resta ancora un esperimento ed in Italia la sanità ministeriale mantiene le distanze, ma per i malati di sclerosi multipla la scoperta del prof. Paolo Zamboni, ricercatore dell'Università di Ferrara, è già una speranza.

Il dott. Paolo Zamboni - che è in linea diretta, fra l'altro, con Vicenza e la Fondazione Smuovilavita, e presenterà la sua ricerca nel convegno in programma il 23 gennaio all'Alfa Fiera hotel - ha scoperto una malattia vascolare, la CCSVI, sigla inglese per Insufficienza venosa cronica cerebrospinale, che risulta presente almeno nel 90 per cento delle persone affette da sclerosi multipla.

«Questi malati - spiega - hanno le vene cerebrali che non funzionano bene. La ragione è che si sono ristrette. Un fatto che probabilmente era sfuggito perché non si trovano all'interno del cranio, ma all'esterno, nel collo e nel torace, molto più vicine al cuore che non al cervello. Ebbene: abbiamo scoperto che questo problema è peculiare della sclerosi multipla».

La CCSVI si può diagnosticare con un ecodoppler speciale, e si cura con un piccolo trattamento endovascolare in day hospital, cioè senza ricovero, bisturi e anestesia generale.

«Con una puntura endovenosa si fa navigare un catetere nelle vene del paziente. Quando le raggiunge gonfia un palloncino che permette di dilatarle. Questa terapia riduce le ricadute, il numero di lesioni cerebrali e spinali, e migliora la qualità della vita».

In pratica nulla di diverso dalla classica angioplastica: solo che la procedura si effettua all'interno delle vene, non nelle arterie.

L'ostruzione venosa impedisce al sangue di scorrere normalmente nel cervello, e questo, secondo il professore ferrarese provoca depositi di ferro, danneggia il tessuto cerebrale ed i neuroni.

Zamboni, 53 anni, direttore del centro malattie vascolari dell'università di Ferrara - lavora in abbinata con il neurologo bolognese Fabrizio Salvi e un team di 15 collaboratori - ha convinto la Multiple Sclerosis Society of Canada, all'inizio molto diffidente, e poi gli studiosi del Jacobs Neurological Institute canadese, che hanno lanciato un'indagine su un migliaio di pazienti affetti da sclerosi multipla: i risultati usciranno sul Journal of Vascular Surgery.

Ha avuto consensi pure a Londra al 31° Charing Cross International Symposium, uno dei più importanti al mondo. La sua ricerca (“The Big Idea") è uscita sulla rivista della Royal Society of Medicine di Londra. E per sostenere il suo impegno è nata a Bologna la Fondazione Hilarescere.

La chiave della sclerosi multipla non si troverebbe solo nel sistema immunitario ma anche nelle vene. Zamboni, che si interessa di sclerosi multipla da un decina di anni, da quando la moglie Elena è stata colpita dalla malattia, ha forse aggiunto un prezioso tassello nella ricerca delle cause scatenanti della sclerosi multipla.

Il legame tra CCSVI e SM è stato esaminato in uno studio sperimentale guidato dal Professor Paolo Zamboni in collaborazione con il Dottor Fabrizio Salvi, neurologo dell’Ospedale Bellaria di Bologna ed il Dottor Roberto Galeotti dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara. Tale studio è stato finanziato dalla Fondazione Hilarescere di Bologna di cui è presidente il Professor Fabio Roversi-Monaco.

Lo studio ha permesso di diagnosticare la CCSVI in tutti i malati di SM presi in esame e di attuare per essi un primo intervento di cura.

I dati provenienti dalle successive sperimentazioni di Buffalo e Polonia confermano una corrispondenza strettissima tra CCSVI e SM che si attesta, ad ora, attorno al 90%. Questa correlazione ha spinto il Neuroimaging Analysis Center di Buffalo, NY, a validare la teoria su un campione più ampio di 1100 pazienti e 600 controlli; i primi risultati di tale studio sono attesi per fine gennaio.
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