Civitavecchia, battaglia sul fronte del porto: dossier e veleni per il rinnovo dell'Autorità

Da mesi la città laziale è invasa da dossier e denunce anonime contro l'attuale responsabile dello scalo Pasqualino Monti. Accuse di cattiva gestione e di illeciti amministrativi che si sono rivelati completamente falsi.
Roma, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni)

Da La Repubblica - Roma del 27/06/2015

Da mesi la città laziale è invasa da dossier e denunce anonime contro l'attuale responsabile dello scalo Pasqualino Monti. Accuse di cattiva gestione e di illeciti amministrativi che si sono rivelati completamente falsi. Sotto tiro anche il capo della Procura che risponde con una querela per diffamazione. Il caso finisce a Perugia. Al centro dello scontro la carica di un Ente competente anche degli scali di Fiumicino e Gaeta, presto estesa anche a Piombino e Livorno, che gestisce miliardi. A giorni la nomina del governo.

Come nel Corvo di Henri Georges Clouzot, la città sembra sommersa di dossier, minacce, ritorsioni. Un fiume di veleni. Anzi, un porto: visto che al centro di questa guerra senza esclusione di colpi c'è la nomina del presidente dell'Autorità portuale di Civitavecchia, scaduta all'inizio del giugno scorso. Qui, gli anonimi non agiscono di notte, scivolando tra i vicoli favoriti dall'oscurità, armati di pizzini da fissare sui portoni delle case per infiammare i sospetti su tresche e tradimenti. La trama di questi mesi si sviluppa in pieno giorno, con esposti e denunce spediti in Procura. Ma ottiene la stessa tensione che aleggiava, a metà del secolo scorso, nel paesino francese di Saint-Robin al centro del romanzo del controverso scrittore.

"Civitavecchia", ricordano alcuni attenti osservatori politici locali, "ha sempre vissuto la sua guerra dei dossier alla vigilia di appuntamenti importanti. E la nomina dell'Autorità portuale, che raccoglie sotto una sola persona anche gli scali di Fiumicino e Gaeta, forse in futuro anche quelli di Piombino e Livorno, è uno snodo fondamentale. Il porto significa una montagna di soldi: significa lavoro, occupazione, indotto, appalti, traffico commerciale e di passeggeri. Ha riflessi importanti per una città che vive attorno e dentro il suo principale polo industriale e commerciale. Tutti puntano ad un loro candidato. E come in ogni competizione, lo scontro è duro, feroce, senza esclusione di colpi".

La terna. La nomina del nuovo presidente dell'Autorità portuale avverrà entro i primi del mese di luglio. Spetterà al ministro per le Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio. Ma ad indicare la terna dei candidati sono dieci Enti amministrativi: 4 Comuni (Tarquinia, Civitavecchia, Gaeta e Fiumicino), 3 Provincie (Viterbo, Latina e Roma), 3 Camere di Commercio (Latina, Viterbo e Roma). Nove su dieci si sono già espressi e hanno proposto l'attuale presidente, Pasqualino Monti, in carica dal 7 giugno del 2011, e da un mese, come si dice, in prorogatio.

Quarant'anni, brillante, sostenuto da un fronte bipartisan, pescato all'interno della stessa Autorità dove per sei anni, dal 2005 al 2011, aveva ricoperto la carica di direttore amministrativo, è considerato lontano dai partiti. Forse anche per questo è stato scelto a suo tempo: un buon esecutore di decisioni che si prendevano altrove. Non è stato così. Pasqualino Monti si insedia alla guida di un Ente che è stato da poco commissariato. Il suo predecessore, Fabio Fani, ha subito una ispezione del Mef, l'organo di vigilanza del ministero Economia e Finanza, nella quale gli vengono contestate due assunzioni a chiamata diretta e viene sospeso dall'allora ministro Altero Matteoli.

I numeri. Il nuovo presidente si attiva e rimette ordine nell'Autorità. La conosce bene, è uno dei più importanti scali marittimi italiani:13 chilometri di banchine, 13 milioni di tonnellate di merci, primo attracco crocieristico del Mediterraneo con 2,6 milioni di passeggeri all'anno e da poco primo porto italiano dove si imbarcano le auto della Fiat prodotte nello stabilimento di Melfi e destinate al mercato statunitense. Un gettito tra accise ed Iva, quindi di guadagno per lo Stato, che sotto la sua guida passa da 720 milioni a 1 miliardo e 98 milioni di euro. La gestione è efficace; viene apprezzata dalla stessa giunta comunale di centro sinistra, guidata dal sindaco pd Pietro Tidei. Ma è un idillio che dura poco. S'incrina dopo un paio d'anni. Il primo cittadino viene sfiduciato dalla sua stessa maggioranza formata anche da Sel; si dimettono 8 consiglieri del Pd, tra cui il capogruppo. Tidei cade sotto uno scambio di accuse che parlano di tradimenti e complottismo. I dimissionari sospettano che la loro guida abbia cercato una sponda con il centro destra; quelli rimasti fedeli al sindaco puntano il dito su Sel, il cui leader è Enrico Luciani, vicesindaco, capo dei camalli, presidente della Compagnia portuale. L'accostamento con chi dirige l'Autorità è immediato. Luciani e Monti, una coppia ben collaudata per governare il porto, sono sospettati di essere registi di una crisi che ha tempi e ragioni diverse. La giunta comunale è sciolta, ci sono le nuove elezioni, vince il M5s, arriva Antonio Cozzolino alla guida della città.

E' l'inizio della battaglia. Degli intrighi, delle accuse, dei dossier. Dei veri linciaggi mediatici. Anche e soprattutto sul piano personale. Il primo a farne le spese è proprio Pasqualino Monti: in due mesi sporgerà 15 querele per falso, calunnia, violenza privata, tentata estorsione. Il giorno dopo le dimissioni del sindaco di Civitavecchia, la figlia Marietta Tidei, parlamentare anche lei del Pd, presenta un'interrogazione su alcune assunzioni non del tutto conformi all'interno dell'Autorità. Si riferiscono alla passata gestione ma servono ad attirare l'attenzione su quella attuale. La coincidenza allarma Pasqualino Monti. Teme quello che poi accadrà. In un dossier anonimo fatto filtrare alla stampa e spedito in Procura si denuncia che alcuni terreni acquistati dall'Autorità siano stati pagati ad un prezzo esorbitante: tra gli 14-15 milioni di euro, quando ne valevano 4,9. Il presidente, in realtà, prima dell'acquisto si era rivolto all'Agenzia delle Entrate a cui aveva chiesto la valutazione del prezzo dei terreni. L'Ente e l'organo di vigilanza del ministero da cui dipende l'Autorità stende una corposa perizia che stabilisce tale prezzo: 13.200.000 euro. L'Autorità riesce a comprarli ad un prezzo inferiore:11.736.321,11 (più Iva). Un guadagno per le casse dello Stato di 1.400.000 euro circa. La cifra del dossier risulta quanto meno strumentale, se non falsa.

Immagine scalfita. Ma il nome del presidente è già finito sui giornali, la sua immagine è scalfita. Molti sollecitano una indagine della magistratura. La macchina del fango si mette in moto. Travolge il capo della Procura di Civitavecchia, Gianfranco Amendola, un nome legato al rigore ambientalista e alle battaglie contro l'inquinamento dello scorso secolo. Anche lui è sommerso da una valanga di dossier ed esposti. Tutti contro l'attività del presidente del porto. Molti sono anonimi e non vengono presi in considerazione. Ma altri, firmati con tanto di nome e cognome, vengono allegati in due fascicoli nel frattempo aperti dalla Procura dopo l'indagine ispettiva del Mef.

La campagna, un vero assalto, continua. Adesso si rivolge nei confronti dello stesso Amendola. Lo accusano di immobilismo. E di complicità con il presidente dell'Autorità portuale. Il procuratore resiste. Evita i commenti, le esternazioni. E' uno di quei magistrati ancora convinto che debbano parlare le sentenze. Ma la sentenza, nei suoi confronti, è già scritta. La valanga mediatica insiste, si accanisce. Vuole un chiarimento. Vuole sapere se nei confronti di Pasqualino Monti è stata aperta una indagine, se è indagato. Anche un semplice avviso di garanzia. Gianfranco Amendola si sente accerchiato e decide di fare un comunicato stampa nel quale chiarisce che la Procura sta svolgendo le sue indagini, come previsto per gli esposti depositati, ma nega che ci siano provvedimenti. Nessun indagato. Evita la trappola che gli hanno teso. Ma anche lui reagisce all'offensiva che adesso si allarga agli altri candidati, l'ex direttore del Censis, Giuseppe Roma, e l'avvocato esperto in diritto marittimo Francesco Maria di Majo.

Accertamenti. Assediato dalle voci e dalle denunce che echeggiano su tutta Civitavecchia, il magistrato attende gli esiti degli accertamenti. Si chiude nel silenzio. Ogni sua iniziativa rischia di condizionare la scelta dei candidati: finirebbe per fare il gioco dei registi della macchina del fango. Scopre che molti degli esposti consegnati in Procura sono sottoscritti da firme false. Convocati, i presunti estensori cadono dalle nuvole: tre di questi sono degli anziani residenti in città i cui nomi sono stati presi dall'elenco telefonico. Non sanno nulla del dossier su cui indaga la magistratura. Gli attacchi si rintuzzano, gli schizzi di fango minacciano di colpire il Procuratore sul piano personale. L'atmosfera che si respira in città è carica di tossine. Di fronte all'ennesimo affondo, Amendola sporge querela per diffamazione nei confronti del più accanito tra gli accusatori, un giornalista, direttore di un sito di notizie locali Etrurianews, Paolo Gianlorenzo. Ha un passato burrascoso, finito in carcere per calunnia, minacce e violenza privata a Viterbo e imputato in altri procedimenti nella stessa Civitavecchia. Il caso è finito a Perugia perché coinvolge un magistrato.

Il procuratore non parla. L'attuale presidente dell'Autorità portuale è sfibrato dalla lunga battaglia. Lo incontriamo nella sede dell'Autorità, dentro il porto di Civitavecchia. Sorride, nonostante la guerra che conduce da sei mesi. "Se sono scomodo", spiega, "sono pronto a lasciare. Basta dirlo e saperlo. Quello che ho fatto lo può vedere chiunque visiti il porto. I risultati sono economici. Il primo porto della Fiat-Chrysler, le barriere naturali, create con l'edera lungo i moli dove si scaricano le nano particelle di cromo metallo delle acciaierie di Terni. Il restauro dell'antico porto di Traiano, con i suoi mosaici esposti al Louvre di Parigi. Mi si può contestare tutto. Ma il fango non lo accetto. Come le bugie, le falsità, il killeraggio a base di dossier infamanti e grossolani. Bisogna scegliere se sia ancora possibile governare in base alle competenze e capacità o se serve solo un referente politico. Io la scelta l'ho già fatta: rintuzzo la pioggia di veleni e resto al mio posto".

Consulta l'articolo completo 
Per maggiori informazioni
Ufficio Stampa