RECANATI- TEATRO PERSIANI. STAGIONE 2017 | 2018.

Il cartellone, nato dalla collaborazione tra il Comune di Recanati e l’AMAT, offre otto titoli da ottobre ad aprile, di cui sette in abbonamento e due extra tra i quali il concerto dei finalisti di Musicultura 2018.
Bologna, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura) RECANATI- TEATRO PERSIANI.
STAGIONE 2017 | 2018.

PROGRAMMA


FUORI ABBONAMENTO
7 OTTOBRE
ALESSANDRO D’AVENIA
L’ARTE DI ESSERE FRAGILI
COME LEOPARDI PUÒ SALVARTI LA VITA
GABRIELE VACIS

21 NOVEMBRE
LA FEBBRE DEL SABATO SERA
ROBERT STIGWOOD
CLAUDIO INSEGNO
VALERIANO LONGONI

2 DICEMBRE
NATURALIS LABOR
PIAZZOLLA TANGO
LUCIANO PADOVANI
SILVIO GRAND

23 FEBBRAIO
ASCANIO CELESTINI
PUEBLO

13 MARZO
LORELLA CUCCARINI, GIAMPIERO INGRASSIA
NON MI HAI PIÙ DETTO… TI AMO!
GABRIELE PIGNOTTA

28 MARZO
ALESSANDRO PREZIOSI
VINCENT VAN GOGH
STEFANO MASSINI
ALESSANDRO MAGGI

11 APRILE
ROBERTO TRIFIRÒ
DAVIDE LORINO
FLAMINIA CUZZOLI
IL MISANTROPO
MOLIÈRE
MONICA CONTI

FUORI ABBONAMENTO
21 APRILE
MUSICULTURA 2018
CONCERTO DEI FINALISTI
IN ANTEPRIMA NAZIONALE.
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Una nuova ricca, curiosa e varia stagione di prosa, danza, musical e musica attende il pubblico del Teatro Persiani di Recanati. Il cartellone nato dalla rinnovata collaborazione tra il Comune di Recanati e l’AMAT offre otto titoli da ottobre ad aprile, di cui sette in abbonamento e due extra tra i quali il concerto dei finalisti di Musicultura 2018.
Un omaggio a Giacomo Leopardi per l’inaugurazione della stagione il 7 ottobre (fuori abbonamento) con il racconto teatrale di e con Alessandro D'Avenia L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita, dall'omonimo libro edito da Mondadori per la regia di Gabriele Vacis. Il teatro è parola in azione. Per questo Alessandro D'Avenia ha deciso di portare in giro per l'Italia la bellissima storia di Leopardi e delle età della vita. Non si tratta di un monologo teatrale ma di una parola che di volta in volta si nutre dei luoghi e degli incontri con le persone, diventando un racconto sempre nuovo.
In occasione del 40° anniversario dall’uscita del celebre film, il Teatro Nuovo di Milano presenta la nuova produzione italiana de La febbre del sabato sera al Teatro Persiani il 21 novembre. Il musical tratto da una delle pellicole più celebri e importanti nella storia del cinema, è un omaggio alla disco music ed al glam dominante degli anni’70. Uno spettacolare juke box musical in cui rivivere i successi disco in voga all’epoca tra cui spiccano le canzoni originali dei Bee Gees e tante altre. I migliori performer del musical italiano, veri talenti sono pronti a far ballare e a cantare i grandi successi della disco music grazie alle magnifiche coreografie originali di Valeriano Longoni e alla regia di Claudio Insegno.
Spazio alla danza e in particolare al tango il 2 dicembre con Piazzolla Tango della compagnia Naturalis Labor. Ancora una volta il coreografo Luciano Padovani in questo omaggio ad Astor Piazzolla fonde danza e tango in un unico linguaggio, per raccontare la storia di un artista in crisi creativa, la storia di un amore. Accompagnano lo spettacolo le musiche del grande compositore argentino e quelle create appositamente da Carlo Carcano. In scena un cast di danzatori/tangueros italiani ed argentini tra cui Silvio Grand che ha curato le coreografie di tango dello spettacolo.
Ascanio Celestini, attore e autore teatrale italiano considerato uno dei rappresentanti più importanti del teatro di narrazione, giunge a Recanati il 23 febbraio con Pueblo, seconda parte di una trilogia che comincia con Laika. In entrambi i casi si tratta di vicende di personaggi che vivono ai margini della narrazione alla quale siamo abituati. Personaggi che non hanno alcun potere e spesso stentano a sopravvivere, ma si aspettano continuamente che il mondo gli mostrerà qualcosa di prodigioso. Ci credono talmente tanto che alla fine il prodigio accade.
Il 13 marzo l’appuntamento è con Non mi hai più detto… ti amo!, una commedia con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia ironica, intelligente, appassionante, cucita addosso ai due protagonisti, istrionici, esilaranti e straordinariamente affiatati diretti da Gabriele Pignotta, anche autore del testo, capaci di ragalare allo spettatore momenti di assoluto divertimento e grandissima emozione.
Alessandro Preziosi è Vincent Van Gogh, in manicomio, nell’omonimo spettacolo diretto da Alessandro Maggi al Persiani il 28 marzo. La pièce è una sorta di thriller psicologico attorno al tema della creatività artistica che lascia lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Il testo di Stefano Massini è vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva”.
Un classico di tutti i tempi Il Misantropo arriva in scena l’11 aprile e sancisce un nuovo incontro tra la regista Monica Conti e Molière, a conclusione di un ciclo di spettacoli (L’uomo la bestia e la virtù e Le intellettuali) fondato sulla necessità di ripresentare testi classici passando attraverso il corpo dell’attore con allestimenti basati sull’energia e sulla dinamicità delle relazioni. Un cast d’eccezione con, tra gli altri, Roberto Trifirò, Davide Lorino e Flaminia Cuzzoli. Il Misantropo è il proseguimento di un lavoro che non si basa sui fasti della messinscena, ma si concentra principalmente sul lavoro dell'attore in relazione ai temi del testo. Temi che in Molière, si possono ricondurre principalmente a una disperata - e allo stesso tempo comica, perché irraggiungibile - aspirazione all'armonia.
Conclude la stagione il 21 aprile il concerto dei finalisti di Musicultra 2018 in anteprima nazionale (fuori abbonamento).
Nuovi abbonamenti dal 3 al 12 novembre. Informazioni e biglietteria: Teatro Persiani 071 7579445.
FUORI ABBONAMENTO
7 OTTOBRE
L’ARTE DI ESSERE FRAGILI
COME LEOPARDI
PUÒ SALVARTI LA VITA


racconto teatrale di e con Alessandro D'Avenia
dall'omonimo libro edito da Mondadori
regia Gabriele Vacis
disegno illuminotecnico e sonoro Roberto Tarasco


Il teatro è parola in azione. Per questo Alessandro D'Avenia ha deciso di portare gratuitamente in giro per l'Italia la bellissima storia di Leopardi e delle età della vita, che Leopardi seppe definire meglio di chiunque altro perché fu costretto a viverle più in fretta, più in profondità. Ogni tappa è un'arte da imparare: adolescenza o arte di sperare, maturità o arte di morire, riparazione o arte di essere fragili, morire o arte di rinascere. Tutto questo attraverso una Narr-Azione. Non si tratta di un monologo teatrale, di una parte recitata, ma di una parola che di volta in volta si nutre dei luoghi e degli incontri con le persone, diventando un racconto sempre nuovo, quante sono le serate.
Il teatro diventa una notte di stelle, magari quella di san Lorenzo, quella in cui ci permettiamo il lusso di essere all'altezza dei nostri desideri e li leghiamo al movimento degli astri, come fece Leopardi dall'inizio della sua vita. Minuto dopo minuto il pubblico è inserito in un vero e proprio esercizio di meraviglia, quello di chi scopre la poesia incastrata nella vita quotidiana, il sublime nell'ordinario, e risponde all'appello della bellezza cercando di replicarla. Solo la bellezza provoca quei rapimenti che costrinsero Leopardi a diventare poeta. A 21 anni aveva già scritto L'Infinito. E noi? Noi con le nostre fragilità, debolezze, fallimenti, non sembriamo titolati a far nulla di buono? Non è vero. Leopardi diventò il più grande poeta moderno proprio perché seppe trasformare la sua fragilità in canto, attraversandone le stagioni dell'incanto e del disincanto. Avrebbe avuto tutti gli alibi possibili, ma non si scusò mai di non essere all'altezza, perché decise di “fare qualcosa di bello al mondo, conosciuto che sia o no da altrui” come dice nello Zibaldone. Con la regia di Gabriele Vacis e le scenofonie di Gabriele Tarasco, D'Avenia prova a trasformare un teatro in una classe senza muri, a cielo aperto, perché chiunque partecipi, a qualsiasi età, accompagnato da parola, musica, immagini e lettura dei capolavori leopardiani, possa sperimentare che la notte dei desideri è ogni notte e che la letteratura salva la vita, solo quando siamo disposti ad ascoltarla davvero. In un'epoca in cui sembra che siano titolati a vivere solo i perfetti, questo messaggio è più che mai necessario.

21 NOVEMBRE
LA FEBBRE DEL
SABATO SERA

basato sul celebre film di Paramount/RSO e sulla storia di Nik Cohn
adattamento al teatro di Robert Stigwook in collaborazione con Bill Oaks
e di Sean Cercone & David Abbinanti per il Nord America
con le canzoni dei The Bee Gees
coreografie originali Valeriano Longoni
regia Claudio Insegno
supervisione musicale Angelo Racz
impianto scenografico Roberto e Andrea Comotti
video Francesca Del Cupolo ed Erika Dolci
costumi Graziella Pera
disegno luci Valerio Tiberi
disegno audio Simone Della Scala
produzione Teatro Nuovo di Milano


In occasione del 40° anniversario dall’uscita del celebre film, il Teatro Nuovo di Milano presenta la nuova produzione italiana de La febbre del sabato sera.
Dopo il grande successo di pubblico nell’ultima stagione teatrale, e la consacrazione all’Arena di Verona, Saturday night fever – La febbre del sabato sera è pronto a calcare nuovi prestigiosi palcoscenici d’Italia nella stagione teatrale 2017/2018.
Il musical tratto da una delle pellicole più celebri ed importanti nella storia del cinema, è un omaggio alla disco music ed al glam dominante degli anni’70. Uno spettacolare juke box musical in cui rivivere i successi disco in voga all’epoca tra cui spiccano le canzoni originali dei Bee Gees come Stayin' Alive, How deep is your love, Night fever, You should be dancing e tante altre in voga tutt’oggi quali Symphonie No 5, More than a woman e la celeberrima Disco Inferno.
I migliori performer del musical italiano, veri talenti sono pronti a farci ballare e a cantare i grandi successi della disco music!
Rivivi con La febbre del sabato sera la leggendaria era della Disco nella New York degli anni Settanta grazie alle magnifiche coreografie originali di Valeriano Longoni, le celeberrime musiche eseguite grazie alla supervisione musicale di Angelo Racz, un suggestivo e tecnologico impianto scenografico firmato da Roberto e Andrea Comotti arricchito dai sorprendenti video di Francesca Del Cupolo ed Erika Dolci, i costumi della celebre Graziella Pera, l’emozionante disegno luci di Valerio Tiberi ed il perfetto disegno audio di Simone Della Scala.

2 DICEMBRE
PIAZZOLLA
TANGO


ideazione, coreografie e regia Luciano Padovani
coreografie di tango Silvio Grand
danzano Stefano Babboni, Loredana De Brasi, Jessica D’Angelo
Silvio Grand, Elisa Mucchi, Mirko Paparusso, Roland Kapidani e Roberta Morselli
musiche originali Carlo Carcano
luci Claudio Modugno
costumi Lucia Lapolla
produzione Naturalis Labor
co-produzione Florence Dance Festival
con il sostegno di Mibact, Regione Veneto
Arco Danza, Comune di Vicenza


INCIPIT
La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni e strida dentro di me: mi conosco come una sinfonia, sento il battito del cuore, il ritmo del tango. Che mi perseguita, mi insegue, mi cerca, mi chiede. Per creare, mi sono distrutto; mi sono esteriorizzato dentro di me che dentro di me non esisto se non esteriormente. Sono la scena viva sulla quale passano svariati personaggi che recitano svariati drammi. En tus ojos, nei tuoi occhi, vedo la passione, scruto l’orizzonte, immagino la musica. Sei la mia musa o il mio tormento? Ho voglia di stare sempre in un altro posto, lontano da qui. Non chiedetemi perché creo, mi chiedo perché esisto.

NOTE
Ancora una volta, dopo La Catedral e il recente e applauditissimo Romeo y Julieta Tango, Luciano Padovani con la sua compagnia tornano a proporre uno spettacolo dove la danza e il tango si fondono in un unico linguaggio, per raccontare Piazzolla e la sua musica. È un Piazzolla travagliato, inseguito dai suoi stessi pensieri. Perseguitato dalle sue stesse note (i danzatori in scena rappresentano il suo tango e il suo travaglio ) ma accompagnato da una figura femminile, la sua musa ispiratrice, cui a momenti resiste e a momenti si abbandona. C’è tutta l’ambiguità della sua vita vissuta in bilico tra tradizione e innovazione. C’è la sua visione del tango e della musica. C’è la sua voglia di stare sempre in un altro luogo del mondo. Una barchetta di carta “appare” all’inizio dello spettacolo sulla sua scrivania, a rappresentare la sua voglia di ‘emigrare’. Accompagnano lo spettatore alcune composizioni di Astor Piazzolla e quelle create appositamente dal compositore e musicista Carlo Carcano (già autore delle musiche di altri spettacoli della compagnia) per un cast di danzatori/tangueros italiani ed argentini.

Piazzolla fu una figura controversa nei confronti degli argentini, sia musicalmente che politicamente, come incapace di prendere posizione decide di non scegliere tra musica classica e tango, ma di unire le sue due anime per creare composizioni "quasi" classiche per struttura ed elaborazione, servendosi di tutti gli strumenti espressivi della musica "colta" e del jazz. Con innesti e fusioni spregiudicate è in egual misura elogiato all’estero per il suo talento creativo e denigrato nel suo Paese: è stato, infatti, considerato un traditore dai suoi stessi connazionali per aver osato in un campo, il tango, ritenuto “intoccabile”, con sperimentazioni ed armonizzazioni ardite.

LA COMPAGNIA
Creata nel 1988 da Luciano Padovani e Francesca Mosele, con lo spettacolo Taigà (1989) vince il primo premio al Concorso Internazionale di Coreografia Citta di Cagliari. La sede organizzativa e operativa della compagnia è a Vicenza (Italia). La compagnia svolge un continuativo lavoro di ricerca sulla danza contemporanea, sul tango e sui nuovi linguaggi dello spettacolo dal vivo. Progetta e realizza spettacoli ed eventi unici avvalendosi di collaborazioni con realtà nazionali quali Teatro Olimpico di Vicenza, Festival Oriente Occidente, Operaestate Festival, AbanoDanza, Pergine Spettacolo Aperto, Festival d'Autunno, Segni Barocchi, Concerti in Villa. Realizza tourneè in Italia e in Europa (Francia, Scozia, Austria, Germania, Svizzera, Romania, Bulgaria). È riconosciuta e sostenuta da Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Regione Veneto, Arco Danza, Provincia di Vicenza e Comune di Vicenza.

23 FEBBRAIO
PUEBLO


un progetto di Ascanio Celestini
produzione Fabbrica

Che intanto a contare le viole
passa e ripassa il tempo

e l’abito bianco da sposa
diventa un sudario
le calze di seta una calza da ladro

e il tuo anello, il mio anello, e il tuo anello, il mio anello

una lunga catena da cane inchiodata nel muro


Io mi chiamo Violetta
A me la cassa mi piace.
Faccio la pipì prima di mettermi seduta come le bambine prima di mettersi in viaggio. Il papà e la mamma dicono “Violetta, hai fatto la pipì?” tu la fai e monti in macchina. Per cento chilometri non ti scappa. Sul seggiolino della mia cassa sono una regina in trono. I clienti depositano salami e formaggi, pasta olio burro e pizze surgelate, tranci di pesce africano e bistecche di montone americano, litri di alcol in confezioni di tutti i generi, vetro, plastica, tetrapack, alluminio. Io mi figuro che non sono i clienti, ma sudditi. Sudditi gentili che mi vengono a regalare le cose. Sudditi che dicono “prego signora regina prenda questo baccalà congelato, questi biscotti per diabetici. Prego prenda questo vino nel tetrapack, sono tre litri, è prodotto da qualche parte in Francia o Cina. Prego…”. E io dico “grazie, grazie, grazie”

“Violetta è una giovane donna che lavora in un supermercato. Non le piace il lavoro che fa. Lavora alla cassa dove fatica anche ad alzarsi per andare al gabinetto. Allora immagina di essere una regina. E nella sua immaginazione anche il mondo che si trova fuori dal supermercato è un reame, pieno di gente interessante che lei incontra e che le racconta storie. Una barbona che rimpiange un uomo al quale ha voluto molto bene, un africano, facchino in un grande magazzino. E poi il padre di Domenica, scomparso quando lei era molto piccola o uno zingaro che ha conosciuto quando era bambina, bambino anche lui, e che ha rincontrato da grande. Tutti questi personaggi e le loro storie interagiscono, si incrociano, soprattutto attraverso un altro personaggio chiave del racconto: una ex prostituta proprietaria di un bar di periferia, di quelli con le slot machine, dove in qualche maniera tutti finiscono. A me interessava raccontare la storia di un luogo che normalmente conosciamo solo quando vi accade qualcosa di scandaloso, di tremendo, di violento. Quando quello che accade, insomma, si trasforma in una notizia. E invece questo posto può essere osservato semplicemente perché esiste ogni giorno e non solo quando i fatti si trasformano in notizie. Qui abitano personaggi con un’umanità molto evidente il cui tratto principale è la debolezza. Sono deboli anche quando sono violenti, sono deboli anche quando sono cattivi, sono deboli anche quando sono colpevoli.

Pueblo è la seconda parte di una trilogia che comincia con Laika. In entrambi i casi si tratta di vicende di personaggi che vivono ai margini della narrazione alla quale siamo abituati. Personaggi che non hanno alcun potere e spesso stentano a sopravvivere, ma si aspettano continuamente che il mondo gli mostrerà qualcosa di prodigioso. Ci credono talmente tanto che alla fine il prodigio accade. Ignorano il potere di Dio o degli eserciti. La loro forza e la loro debolezza sono la stessa cosa, per questo, pur essendo ai margini della società vorrei che riuscissero a rappresentarla per intero. Questo spero di provocare: che lo spettatore professionista borghese, il giovane laureato o lo studente che ancora vive coi genitori si identifichi in un barbone o in una prostituta rumena, non perché vive la stessa condizione sociale, ma la stessa condizione umana. ”

Ascanio Celestini

13 MARZO
NON MI HAI
PIÙ DETTO…
TI AMO!


testo e regia Gabriele Pignotta
con Lorella Cuccarini, Giampiero Ingrassia
produzione Milleluci Entertainment


Una commedia ironica, intelligente, appassionante, cucita addosso a due protagonisti perfetti, istrionici, esilaranti e straordinariamente affiatati. Un progetto produttivo ambizioso, un allestimento di altissimo livello che saprà regalare allo spettatore momenti di assoluto divertimento e di grandissima emozione.

La famiglia è ancora il cardine della società e il nostro punto di riferimento assoluto? Come si stanno evolvendo le nostre famiglie alla luce delle trasformazioni sociali, politiche ed economiche in atto? È questo il tema attualissimo sul quale nasce e si sviluppa questa ironica e sorprendente pièce teatrale. In sintesi si tratta della storia di una famiglia italiana contemporanea, costretta ad affrontare un cambiamento traumatico improvviso che, alla fine di un percorso umano difficile ed intenso, si ritroverà completamente trasformata e forse più preparata a sopravvivere. Lorella Cuccarini, al culmine della sua maturazione artistica, accetta la sfida di interpretare straordinariamente il ruolo che le è più congeniale, quello di una madre, Serena, che trova la forza di mettersi in discussione. In seguito ad un imprevedibile, ma forse “salvifico” incidente di percorso infatti, questa super-mamma e moglie perfetta, che porta sulle sue spalle tutta l'organizzazione e la responsabilità della famiglia, capisce che forse questo ruolo non è più funzionale alla sua felicità e con grande coraggio decide di recuperare se stessa e il suo essere donna rimettendo completamente in gioco l'equilibrio su cui poggia l'intera famiglia. Suo marito Giulio (un ineguagliabile Giampiero Ingrassia) inizialmente destabilizzato da questo repentino cambiamento, troverà la forza di reagire, riscoprendo finalmente il suo ruolo di padre e di “genitore” per troppo tempo delegato passivamente alla moglie. Anche i due figli (Tiziana e Matteo), due ragazzi di vent'anni, andranno incontro a una crisi profonda esattamente come i loro genitori, ma quando tutto sembra portare verso la più amara delle disgregazioni familiari, ognuno riuscirà a trovare delle risorse interiori inaspettate che porteranno la famiglia a ricomporsi con un avvincente finale a sorpresa! La lezione che tutti avremo imparato è che forse oggi la famiglia per sopravvivere ai cambiamenti, deve essere anche lo spazio per l'individuo e non solo per il ruolo (madre, padre, figlio).

28 MARZO
VINCENT
VAN GOGH
l'odore assordante
del bianco


di Stefano Massini
testo vincitore del Premio Tondelli Riccione Teatro 2005
con Alessandro Preziosi
e con Francesco Biscione
Massimo Nicolini, Roberto Manzi
Alessio Genchi, Vincenzo Zampa
regia Alessandro Maggi
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
disegno luci Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta
musiche Giacomo Vezzani
supervisione artistica Alessandro Preziosi
coproduzione Khora.teatro, TSA - Teatro Stabile d’Abruzzo
in collaborazione con Festival dei due mondi – Spoleto


Le austere pareti di una stanza del manicomio di Saint Paul. Come può vivere un grande pittore in un luogo dove non c’è altro colore che il bianco? È il 1889 e l’unico desiderio di Vincent è uscire da quelle mura, la sua prima speranza è riposta nell’inaspettata visita del fratello Theo che ha dovuto prendere quattro treni e persino un carretto per andarlo a trovare. Attraverso l’imprevedibile metafora del temporaneo isolamento di Vincent Van Gogh in manicomio, interpretato da Alessandro Preziosi, lo spettacolo di Khora.teatro in coproduzione con il Teatro Stabile d’Abruzzo, che si avvale della messa in scena di Alessandro Maggi è una sorta di thriller psicologico attorno al tema della creatività artistica che lascia lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Il testo vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” (dalla motivazione della Giuria n.d.r.) firmato da Stefano Massini con la sua drammaturgia asciutta ma ricca di spunti poetici, offre considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.

Sospensione, labilità, confine. Sono questi i luoghi, accidentati e mobili, suggeriti dalla traiettoria, indotti dallo scavo. Soggetti interni di difficile identificazione, collocati nel complesso meccanismo dell’organicità della mente umana. Offerti e denudati dalla puntuale dinamicità e dalla concretezza del testo, aprono strade a potenziali orizzonti di ricerca. La scrittura di Massini, limpida, squisitamente intrinseca e tagliente, nella sua galoppante tensione narrativa, offre evidentemente la possibilità di questa indagine. Il serrato e tuttavia andante dialogo tra Van Gogh - internato nel manicomio di Saint Paul de Manson - e suo fratello Theo, propone non soltanto un oggettivo grandangolo sulla vicenda umana dell’artista, ma piuttosto ne rivela uno stadio sommerso. Lo spettacolo è aperto contrappunto all’incalzante partita dialogica. Sottinteso. Latente. Van Gogh, assoggettato e fortuitamente piegato dalla sua stessa dinamica cerebrale incarnata da Alessandro Preziosi, si lascia vivere già presente al suo disturbo. È nella stanza di un manicomio che ci appare. Nella devastante neutralità di un vuoto. E dunque, è nel dato di fatto che si rivela e si indaga la sua disperazione. Il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quell’irrimediabile strepito perenne di cui è vittima cosciente, all’interno come all’esterno del granitico “castello bianco” e soprattutto al costante dubbio sull’esatta collocazione e consistenza della realtà. La tangente che segue la messinscena resta dunque sospesa tra il senso del reale e il suo esatto opposto. In una spaccatura in cui domina la sola logica della sinestesia, nella quale ogni senso è plausibilmente contenitore di sensi altri, modulandone infinite variabili, Van Gogh è significante e significato di sé stesso. Lo scarto emotivo che subisce e da cui è irrimediabilmente dipendente, rappresenta causa ed effetto della sua stessa creazione artistica, non più dissociata dalla singolarità della sua esistenza e lo obbliga a percorrere un sentiero isolato in cui il solo punto fermo resta la plausibilità di un’infinita serie di universi possibili nei quali ogni tangibilità può rappresentare il contrario di ciò che è. La riflessione percorre questa suggestione; non il racconto quindi, ma il divenire e la resa delle infinite varianti conduttrici di un processo creativo filtrate da un’induzione sensoriale il cui respiro, non ultimo, diviene tela su cui restano impresse assenze, mancanze e sorde cecità. Un’evoluzione lucida, condotta nello straziante sforzo di liberarsi e rendersi tangibile, nel volume e nella densità immanente del colore, che smette la sua primaria connotazione e assume i termini di sensi altri e potenzialmente distanti, ponendo in essere una deriva che trova nel suo rovescio la realtà di opera d’arte. Lo spettacolo accompagna questa non-logica dei sensi, attraverso uno sfiorarsi dei personaggi che fonde il desiderio alla necessità, sviluppando un alternarsi di simmetrie semantiche a dissonanze di cognizione, un conflitto mutabile, ma mai assente. È in questo campo, su cui si allineano piani paralleli, pur non senza sovrapporsi, che la potenziale oggettività diviene odorare un suono, ascoltare un colore, toccare un sapore, assaggiare un tessuto, vedere un profumo. Un complesso disegno, tuttavia ferocemente semplice, la cui connotazione intrinseca cambia in funzione della distanza da cui si guarda o si sceglie di percepirlo. È un passaggio aperto alla volta della stretta fessura che permette la visione di un assurdo reso accettabile dalla semplicità espressiva dei sensi che restano qui, nudi e spasmodicamente attivi, esattamente in quel punto della coscienza, attraversato da nient’altro che miliardi e miliardi di neuroni carichi di un unico e solo senso: la vita. Non più “come siamo fatti”. Ma “di che cosa”. Alessandro Maggi

11 APRILE
IL MISANTROPO


di Molière
traduzione Cesare Garboli
con Roberto Trifirò, Davide Lorino, Nicola Stravalaci
Flaminia Cuzzoli, Giuditta Mingucci, Stefania Medri
Stefano Braschi, Antonio Giuseppe Peligra, Monica Conti
regia e adattamento Monica Conti
disegno luci Cesare Agoni
scene Andrea Anselmini
costumi Roberta Vacchetta
musiche Giancarlo Facchinetti
aiuto regia Carlotta Viscovo e Iacopo Angelini
produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale


“La ballata dell’essere umano” potrebbe essere il titolo di questo nuovo incontro tra Monica Conti e Molière, a conclusione di un ciclo di spettacoli (L’uomo la bestia e la virtù e Le intellettuali) fondato sulla necessità di ripresentare testi classici passando attraverso il corpo dell’attore con allestimenti basati sull’energia e sulla dinamicità delle relazioni. Un cast d’eccezione con Roberto Trifirò, che dopo aver interpretato negli scorsi anni il signor Paolino nel classico di Pirandello, e il poeta Trisottani ne Le intellettualli, si misurerà con il personaggio di Alceste, accompagnato da Davide Lorino nel ruolo di Filinte, e Flamiania Cuzzoli nel ruolo di Célimène. Il Misantropo è il proseguimento di un lavoro che non si basa sui fasti della messinscena, ma si concentra principalmente sul lavoro dell'attore in relazione ai temi del testo. Temi che in Molière, si possono ricondurre principalmente a una disperata - e allo stesso tempo comica, perché irraggiungibile - aspirazione all'armonia. Ne è un esempio il precedente lavoro su Le intellettuali dove i personaggi sono considerati o rozzi o letterati, senza raggiungere mai un equilibrio tra le esigenze dello spirito e quelle del corpo. Ne Il Misantropo invece o si decide di accettare il “Teatrino del Mondo”, accogliendone le ipocrisie e le stupidità, ma anche le calde relazioni umane; o si è fuori dai giochi, confinati a solitudine e autoemarginazione, in una ridicola e nevrotica rincorsa alla purezza. Per questo motivo Alceste non è un eroe tragico o romantico, ma tragicomico perché infelice, disorientato e violento. È uno spettatore passivo della vita, talmente scontento da rimanere immobilizzato a causa del suo avvilimento.

Assi portanti della ricerca registica e del lavoro attoriale sono l’indagine sugli stati d'animo -non in chiave psicologica ma tipologica-, le relazioni, le situazioni , i sotto-testi e la musica. Già in Le intellettuali musicalità e ritmo nei dialoghi hanno costituito materia d’indagine. Nel Misantropo prosegue questo lavoro, teso a dare rilievo al ritmo e al suono non come forme estetiche, ma come forme di espressione dell'inconscio.

Ne Il Misantropo più che la trama, contano le relazioni umane che sono poi la cosa più importante della nostra vita. Nell’arco di una giornata Alceste rompe con la società malata in cui vive. È un essere intelligente e ironico ma che nutre un odio feroce per gli uomini che fa ingigantire in lui la percezione dei loro difetti. E’ un essere contraddittorio, contemporaneamente saggio e folle, che ama proprio la donna che incarna tutti i vizi che lui odia o, forse, la ama proprio per questo. Ho cercato di approfondire al massimo queste relazioni e, nello stesso tempo, di far diventare carne i versi di Molière tradotti nell’italiano di Cesare Garboli. Lavorando da anni su Molière e in particolare su questo testo, ho cercato anche di cogliere ciò che sta sotto a un linguaggio ricercato e “antico”, ma che, a tratti, pare scritto col sangue da un poeta veggente. E se nei primi tre atti ancora, qua e là, traluce il genio comico dell’autore, nel quarto sprofonda nella follia e nel quinto nel disincanto, aprendo la strada al Teatro moderno. In uno spazio semplicissimo agito dagli attori, sono essi stessi che creano coi loro corpi i luoghi ora reali, ora onirici, in cui si svolge questa vana e folle giornata di Alceste. Per ritrovarsi alla fine in un’alba di una qualsiasi città e scoprirsi anime ingannate e perse, al di là dei vizi e delle virtù, ma anche anime che transitano e si dibattono brevemente in questo mondo prima di tornare alla natura. Ho sempre pensato al Misantropo come a una “ballata dell’essere umano” posto di fronte all’enigma dell’esistenza e della percezione di una realtà che è sempre sfuggente, multiforme e soggettiva. Monica Conti
BIGLIETTERIA
Teatro Persiani T 071 7579445

ABBONAMENTI [6 spettacoli]
14- 27 ottobre rinnovi con conferma del posto
28 – 29 ottobre rinnovi con possibilità di cambio posto
3 – 12 novembre nuovi
biglietteria del Teatro Persiani dalle ore 17 alle ore 20

settore A euro 140 ridotto* euro 110
settore B euro 110 ridotto* euro 80
settore C euro 80 ridotto* euro 55

BIGLIETTI
dal 14 novembre vendita biglietti per tutti gli spettacoli
biglietteria Teatro Persiani dal martedì al sabato dalle ore 17 alle ore 19.30
nei giorni di spettacolo feriali dalle ore 17

settore A euro 25 ridotto* euro 20
settore B euro 20 ridotto* euro 15
settore C euro 15 ridotto* euro 10
loggione euro 10

*riduzione fino a 25 anni, oltre i 65 anni e convenzionati vari. Per Piazzolla Tango anche per iscritti scuole danza

L’arte di essere fragili ingresso libero su prenotazione tramite Eventbrite.

MUSICULTURA 2017
CONCERTO DEI FINALISTI
settore A euro 18
settore B euro 15
settore C euro 10
loggione euro 7

INFORMAZIONI
Teatro Persiani 071 7579445
AMAT 071 2072439
www.amatmarche.net
Call Center 071 2133600

INIZIO SPETTACOLI
ore 21
Ufficio Stampa