Le stagioni della Trabant

Recensione del romanzo "Le stagioni della Trabant" e incontro con l'autore
ROMA, (informazione.it - comunicati stampa - editoria e media) Le stagioni della Trabant è l'affascinante racconto di un periodo della vita di alcuni ragazzi, ricco di svolte e cambiamenti, la cui eco si farà sentire per il resto dei loro giorni.
L'autore fotografa tre ragazzi, attraverso i loro successi e fallimenti in una delle nostre Università. Già nelle prime pagine del romanzo l’autore ci guida attraverso il protagonista, con cinismo e disincanto, attraverso i resti degli anni della contestazione e dei grandi movimenti di massa, anni in cui la lotta per la supremazia tra blocco sovietico e blocco occidentale ha influenzato la vita di milioni di persone ma che ora sembrano sopravvire solo per alimentare miseri interessi di parte.
Ciò che rende davvero avvincente il romanzo è il fatto che la storia raccontata attraversa e influenza tutti gli attori che si rapportano allo stesso periodo della vita, quello del passaggio dalla spensieratezza universitaria alla responsabilità di elementi produttivi della società. Questi sono mossi dai sentimenti più disparati: dall’ottimismo al terrore, dalla frustrazione alla celebrazione, dal cinismo all’esaltazione, ma sono tutti consapevoli del termine che si avvicina e che li costringerà a scegliere in una vita finalmente da adulti.
Il protagonista è Bartolomeo Gondrano. Egli dovrà affrontare il tema più importante della sua breve esistenza: scegliere fra le varie sfaccettature dell’amore quale meglio si accompagna al suo carattere. Come in un gioco d’azzardo avrà di fronte tre scelte possibili e una sola fiche da puntare. L’autore ha scelto di tratteggiare i differenti lati dell’attrazione con l’individuazione di tre distinte persone fisiche, ma potrebbero essere tranquillamente i tre lati del carattere di una sola donna.
Bartolomeo sarà attratto dalla libertà selvaggia, dalla lucida ragionevolezza e dalla calda tenerezza di tre colleghe universitarie e come sempre avviene, ogni calcolo, ogni premeditazione è destinata a fallire. Ove si poteva attendere compostezza troverà esplosioni di rancore e dove invece pensava di potersi ritirare come in un porto tranquillo troverà invece un’esplosione di violenza che lo ferirà in prima persona ma ancora più nell’intimo.
E’ interessante sottolineare, come ultima cosa, che anche in questo romanzo, Felice Maccaro, ha giocato con gli indizi e con le sovrapposizioni. Dal semplice riferimento a Orwell per il cognome del protagonista si passa ad una citazione sotto traccia per alcuni dei capitoli più belli del romanzo. Ad esempio tutto il capitolo “Allegro feroce” appare una elegante citazione della canzone di Fred Buscaglione “Teresa non sparare”, mentre il discorso fra Giulia e Bartolomeo all’interno del lido, appare come una citazione de “Il conformista” di Giorgio Gaber.

Decido quindi di intervistare Felice Maccaro pochi giorni dopo l’uscita del romanzo.
Come si sente ora che il libro è nelle librerie? Teso?
Bene grazie. Onestamente debbo dirle che non vivo grosse tensioni interne. Le cose andranno come debbono andare.
Ci parli un po’ del romanzo, come le è venuta l’idea?
Il romanzo parla di un ragazzo che ha di fronte a se delle scelte da fare e di come vive, come attraversa, questa fase della sua vita.
Detto così sembra di una noia mortale.
[Mi risponde Sorridendo] Ma no, non credo sia noioso. E’ ambientato nel miglior periodo possibile della vita e poi alla fine si tratta di ragazzi. Sono capaci benissimo di divertirsi anche mentre scelgono.
Lo so, lo so. Io l’ho letto e debbo dire che oltre tutto il primo merito del romanzo è quello di alleggerire un poco la vita di chi lo legge. Insomma le dicevo così perché io l’ho trovato molto spiritoso.
Grazie mille.
E l’idea?
Ho messo insieme cose accadute e fantasia, ritagli di giornali e pezzi di storie raccontate da altri. A me non capita di svegliarmi per strada con un’idea pazzesca in mente, così debbo elaborare le cose pian piano, debbono maturare le convinzioni e gli eventi lentamente, di modo tale che alla fine ho una idea di libro in testa.
Perché il “Paese” come lo chiama lei non è individuato geograficamente? Dove si svolge la maggior parte della storia?
Si svolge nella nostra testa per questo non c’è un nome al paese. Ognuno ha in se un luogo dove ha dovuto scegliere fra tenerezza e razionalità, fra una ragazza selvaggia e una più posata.
Uhm. Ci può dire se in parte è autobiografico?
No. Cioè sì, le posso dire se è autobiografico: non lo è. Come le dicevo prima ho assistito ad alcune scene in strada, ho ascoltato i racconti di alcuni dei miei amici e per il resto ho lavorato di fantasia.
All’inizio del romanzo lei sembra voler tratteggiare uno spaccato dell’Università italiana, delle sue contraddizione e dei luoghi di privilegio che in essa si creano già per gli studenti.
E’ così. Ci sono molte contraddizioni nelle nostre Università, come nella nostra vita, nella nostra società in genere. Credo che per eliminarne la maggior parte basterebbe che ognuno guardasse ciò a cui partecipa con un maggiore senso critico. Tengo però a dire che io sono stato molto fortunato, ho fatto l’Università a Salerno e quello è un posto bellissimo.
Perché la scelta della Trabant?
Mi piaceva l’idea che i ragazzi potessero lavorare a qualche cosa del vecchio blocco sovietico. A qualche cosa di pratico e di solido. Qualche cosa a cui avrebbero potuto dare nuova vita con il loro lavoro.
Si tratta di fare una macchina elettrica.
Sì, è una conversione da motore endotermico a motore elettrico, ma più che la parte tecnica ero intenzionato a mostrare come le cose nuove nascono da una evoluzione di quelle che già abbiamo, e poi era importante la provenienza.
Alla fine però la macchina sarà distrutta.
Io credo che la nostra vita non è dominata dalla tecnica, quella che viviamo in realtà è una tirannia dei sentimenti. Un’auto nuova, uno telefonino figo generano delle emozioni che non possono lontanamente competere con quello che ci da una persona a cui pensiamo, una persona che ci pensa.
E per questo nel suo romanzo lei la distrugge.
In realtà la distrugge un amante che si sente tradita.
Peccato, mi sarebbe piaciuto leggere di Bartolomeo, Muschio e Acca che sfrecciano per il paese nella loro fiammante Trabant elettrica.
Sarà per la prossima volta. [Mi risponde ancora sorridendo]
Allora in bocca al lupo.
Crepi il povero lupo e alla prossima.
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