Roma:Alla Biblioteca Nazionale di Castro Pretorio una metafora che affonda le sue radici nella storia indaga il “Paradisiaco”. Maria Carletti inventa “Il Taylorismo della Chiarezza”.

Lo schematismo compositivo sobrio, regale, caldo, ci regala estremo Ordine. Visivo e “di Tutte le Cose”. Esposizione Triennale di Arti Visive 2014.
Orvieto, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura) “Il Taylorismo della Chiarezza” è un’opera rappresentata da un assemblaggio di poli materiali cuciti su una tela di un metro per un metro. Interrompe tutti i ponti con la storia, al contempo trova nella stessa il pretesto per coniare un “Taylorismo ai nostri giorni”. L’Artista è attenta al presente e per indagare le esigenze del suo tempo infatti, mantiene come riferimento il passato trasformandolo qui in una perfetta metafora che ha l’obiettivo di fare leva sull’ottenimento di una condivisione dello stato di un “Benessere Psicologico - Sociale o di Paradiso”. Il messaggio contenuto nel titolo sembra trovare nella sua accezione terminologica la risonanza necessaria per scuotere le masse e restare impresso nelle menti e si rende su piano pedagogico denuncia, ribellione e soluzione finale cui poter ambire, nella esigua speranza che una osservazione analitica dell’opera possa produrre nei nostri intimi, come una imitazione a specchio, un’esortazione vicina a quel noto “volli sempre volli fortissimamente volli” dell’Alfieri. Lo schematismo compositivo sobrio, regale, caldo, ci regala estremo Ordine (visivo e “di tutte le cose”). I fattori che fanno capo alla finezza della materia prima utilizzata o input ovvero il raso ed alla tecnica della cucitura, che per l’applicazione del materiale prevede una assenza di manipolazione chimica, denotano l’estremizzata interpretazione di chi vuole gestire con particolare salvaguardia la tematica, per un prodotto finale o output, di sublime accordo. (I.P.)

E’ questa la personalissima lettura con cui la Carletti ha affrontato il vincolo tematico di “Estetica Paradisiaca” presente al Gran Finale dell’Esposizione Triennale di Arti Visive di Roma, esposizione appena conclusa sotto la direttore artistica del Dott. Daniele Radini Tedeschi a sua volta coadiuvato per l’ottenimento del notevole successo registrato, dall’associazione culturale “La Rosa dei Venti” e dai migliori storici, critici come anche cattedratici universitari. Una full immersion d’arte insomma, che raggiunge però il suo culmine in un padrino d’eccezione; il noto Prof. “Philippe Daverio”. La Mostra-Evento si è svolta presso gli straordinari ambienti della Biblioteca Nazionale Centrale di Viale Castro Pretorio, luogo di pienezza sapienziale per eccellenza dove non potevano certamente mancare spunti per una riflessione culturale che scavasse anche nel complesso mondo dell’arte.

All’interno di un contesto così peculiare, Maria Carletti si è mostrata con un approccio artistico completamente differente da quel figurativismo che la vide protagonista già alla Triennale del duemilaundici. Da una interpretazione pittorica di “Leda e il Cigno” con cui Ella allora omaggiò il Buonarroti, possiamo infatti riscoprire oggi l’Artista con un’opera al quanto anticonvenzionale, ardita per esecuzione tecnica e decisamente concettuale. La medesima, si pone in rapporto ad una elevata capacità di sublimazione di chi sa spingersi addirittura quasi oltre il moderno e dove l’abilità dell’artista sembra sussistere nel tramutare un concetto che punta a ciò che non esiste in una sensazione in grado di sprigionare ugualmente, una grande concretezza con cui poter far rientro a casa.

L’opera che ha riscosso notevole attenzione da parte di critica e pubblico corrispondendo così le aspettative e convincendo proprio per la peculiare pregnanza tematica, è stata recensita sull’Editoriale Giorgio Mondadori, volume scientifico presentato come Strenna di Natale presso la sala conferenze della Biblioteca Nazionale che riprende le fila della mostra.


Sicuramente un evento culturale che sarà ricordato a lungo dal suo pubblico per aver sfilato in passerella l’eterno conflitto intimistico tra “Benefico” e “Malefico”, tra quel “Male di Vivere” proprio della vita terrena e quel “Sogno di Vivere” inteso come spazio ideale in cui annoverare invece le nostre esigenze tradite. E’ pacifico come, a fronte di quanto affermato, comune denominatore resti comunque una vena di ribellione dell’artista, una contestazione sua, a volte rabbiosa o marcata altre ancora velata ma sempre dettata da quella tipica passione animatrice che è in grado di risaltare l’irrequietezza umana sia per ciò che non approviamo del reale sia per ciò che risulta per noi inafferrabile o irrealizzabile. Un’edizione caratterizzata da un’arte forse per questo, particolarmente struggente.

Numerosi artisti di fama internazionale, noti professionisti del mondo dell’informazione e dello spettacolo hanno preso parte alla manifestazione artistica che chiude sotto riflettori e flash questo duemilaquattordici.
A cura di Ilaria Pettinelli.
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