Gli Hotspot in Libia sono il vero incubo della sinistra europea e della macchina delle ONG del Mediterraneo

Gli Hotspot in Libia sono una necessità impellente e sono l’unico modo per tagliare fuori una rete troppo oscura e complessa come quella delle attuali ONG che operano nel Mediterraneo,il problema di fondo però è quello che dovrebbero essere di competenza Onu e non direttamente su proposta Francese, una proposta che rischia di diventare un controllo capillare del territorio che operi come influenza politica nella ristrutturazione del nuovo Stato Libico. L’Italia come sempre rimarrà inerme a gu
Roma, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni) Sono fresche di questi giorni le dichiarazioni affrettate di alcuni Parlamentari europei che si apprestano a definire impossibile l’ipotesi di aprire Hotspot in Libia per arginare il fenomeno migratorio verso l’Europa ma principalmente l’Italia. Queste le principali obbiezioni lette sui quotidiani nazionali:

“a risoluzione, affiancata al tentativo di ridurre le attività di ricerca e soccorso di una serie di Ong, è discutibile e solleva almeno sei interrogativi:

1) Come può la Libia, la cui sovranità sarà, secondo il governo italiano, integralmente garantita, «controllare i punti di imbarco nel pieno rispetto dei diritti umani», quando non è firmataria della Convenzione di Ginevra, dunque non è imputabile se la viola?

2) Come può dirsi rispettata la sovranità in questione, quando di fatto quest’ultima non esiste? È infatti evidente che il governo di Fayez al-Sarraj non esercita alcun monopolio della violenza legittima – presupposto di ogni autentica sovranità – come si evince dalla condanna dell’operazione militare italiana ed europea da parte delle forze politiche e militari che fanno capo al generale Khalifa Haftar.

3) Come può esser garantito il pieno “controllo” dell’Unhcr e dell’Oim sugli hotspot da costruire in Libia, e rendere tale controllo compatibile con la sovranità territoriale libica affermata nella risoluzione parlamentare? E come possono Unhcr e Oim gestire “centri di protezione e assistenza” in un Paese in cui, stando a quanto dichiarato il 16 maggio dallo stesso direttore operativo di Frontex, Fabrice Leggeri, «è impossibile effettuare rimpatri», visto che «la situazione è tale da non permettere di considerare la Libia un Paese sicuro»?

4) Come proteggere i migranti e rifugiati dai naufragi, se lo scopo è quello di screditare e ridurre le attività di ricerca e soccorso in mare delle Ong in assenza di robuste operazioni europee di ricerca e soccorso, e senza che sia ancora stata definita una “zona Sar” (Search and Rescue) di competenza libica che abbia come fondamento la Convenzione di cui sopra, e in particolare gli articoli che vietano i respingimenti collettivi (principio di “non-refoulement”)?

5) Come garantire che migranti e profughi soccorsi in mare non verranno riportati a terra e chiusi in centri di detenzione dove, come affermato dalla vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa Gauri Van Gulik, «quasi certamente saranno esposti al rischio di subire torture, stupri e anche di essere uccisi»”

Bene, come vedete sono citati i principali attori del mondo delle ONG e delle istituzioni compiacenti che operano nel Mediterraneo.

Una situazione ancora oscura, che lega grossi imprenditori, siti di crowdfounding, istituzioni compiacenti ,servizi di intelligence ed associazioni legati ad alcune correnti cattoliche.
Sono fresche di questi giorni le dichiarazioni affrettate di alcuni Parlamentari europei che si apprestano a definire impossibile l’ipotesi di aprire Hotspot in Libia per arginare il fenomeno migratorio verso l’Europa ma principalmente l’Italia. Queste le principali obbiezioni lette sui quotidiani nazionali:

“a risoluzione, affiancata al tentativo di ridurre le attività di ricerca e soccorso di una serie di Ong, è discutibile e solleva almeno sei interrogativi:

1) Come può la Libia, la cui sovranità sarà, secondo il governo italiano, integralmente garantita, «controllare i punti di imbarco nel pieno rispetto dei diritti umani», quando non è firmataria della Convenzione di Ginevra, dunque non è imputabile se la viola?

2) Come può dirsi rispettata la sovranità in questione, quando di fatto quest’ultima non esiste? È infatti evidente che il governo di Fayez al-Sarraj non esercita alcun monopolio della violenza legittima – presupposto di ogni autentica sovranità – come si evince dalla condanna dell’operazione militare italiana ed europea da parte delle forze politiche e militari che fanno capo al generale Khalifa Haftar.

3) Come può esser garantito il pieno “controllo” dell’Unhcr e dell’Oim sugli hotspot da costruire in Libia, e rendere tale controllo compatibile con la sovranità territoriale libica affermata nella risoluzione parlamentare? E come possono Unhcr e Oim gestire “centri di protezione e assistenza” in un Paese in cui, stando a quanto dichiarato il 16 maggio dallo stesso direttore operativo di Frontex, Fabrice Leggeri, «è impossibile effettuare rimpatri», visto che «la situazione è tale da non permettere di considerare la Libia un Paese sicuro»?

4) Come proteggere i migranti e rifugiati dai naufragi, se lo scopo è quello di screditare e ridurre le attività di ricerca e soccorso in mare delle Ong in assenza di robuste operazioni europee di ricerca e soccorso, e senza che sia ancora stata definita una “zona Sar” (Search and Rescue) di competenza libica che abbia come fondamento la Convenzione di cui sopra, e in particolare gli articoli che vietano i respingimenti collettivi (principio di “non-refoulement”)?

5) Come garantire che migranti e profughi soccorsi in mare non verranno riportati a terra e chiusi in centri di detenzione dove, come affermato dalla vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa Gauri Van Gulik, «quasi certamente saranno esposti al rischio di subire torture, stupri e anche di essere uccisi»”

Bene, come vedete sono citati i principali attori del mondo delle ONG e delle istituzioni compiacenti che operano nel Mediterraneo.

Una situazione ancora oscura, che lega grossi imprenditori, siti di crowdfounding, istituzioni compiacenti ,servizi di intelligence ed associazioni legati ad alcune correnti cattoliche.

Gli Hotspot in Libia sono una necessità impellente e sono l’unico modo per tagliare fuori una rete troppo oscura e complessa come quella delle attuali ONG che operano nel Mediterraneo,il problema di fondo però è quello che dovrebbero essere di competenza Onu e non direttamente su proposta Francese, una proposta che rischia di diventare un controllo capillare del territorio che operi come influenza politica nella ristrutturazione del nuovo Stato Libico.L’Italia come sempre rimarrà inerme a guardare?





Edoardo Maria Anghinelli

Presidente Italia Sicura-ONSCI




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