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Prelievo del Dna per arrestati e detenuti. I dati gestiti dai robot, saranno cancellati tra 20 anni.
BUSTO ARSIZIO, (informazione.it - comunicati stampa - non profit) È entrata in vigore la legge 85 del 2009 che prevede il prelievo obbligatorio, anche coattivo, del Dna di tutti i detenuti e degli arrestati per delitti non colposi, obbligo introdotto con l'obiettivo di realizzare una banca dati nazionale, principalmente nell'ottica antiterrorismo (ma non solo).
Si tratta di una novità importante, in quanto metterà a disposizione degli investigatori uno strumento potentissimo per la soluzione di casi criminali.
Ma il tema è molto delicato, in quanto riguarda aspetti particolarmente "sensibili" come il i dati genetici di ciascuno. Fino ad ora i prelievi, e le successive analisi, potevano essere effettuate unicamente nel corso di indagini penali, su disposizione della magistratura. Ora la legge autorizza una mappatura generalizzata, con conseguente creazione di un archivio nazionale. L'accertamento potrà rivelarsi molto utile nei casi di persone scomparse. E il loro Dna potrà essere recuperato sugli effetti personali, ma anche sui consanguinei qualora siano disposti volontariamente a sottoporsi all'esame.
Ad occuparsi dei prelievi è stato designato il personale della polizia penitenziaria, ma se ne potranno occupare anche le forze dell'ordine.
Ad operare dovranno essere sempre in due, infilando una specie di "leccalecca" in bocca al detenuto o alla persona arrestata. I tamponi dovranno poi essere conservati con precise modalità per garantire la correttezza del dato raccolto. L'obbligo di prelievo del Dna riguarda tutti coloro i quali stanno scontando pene definitive, ma anche i semplici indagati ai quali è stata applicata una misura cautelare, oppure il cui arresto sia stato convalidato, anche se con successiva remissione in libertà. Ciò pone problemi operativi non da poco: ad esempio, un indagato per cui il giudice abbia disposto la scarcerazione in attesa del processo per direttissima (o subito dopo la condanna con sospensione della pena) dovrà essere condotto per il prelievo in carcere, dove sarà necessario realizzare una struttura sempre disponibile. Salvo ipotizzare di poter trattenere per chissà quanto una persona di fatto libera.
Tempi raddoppiati per la conservazione dei campioni presi ai condannati per mafia e terrorismo. Saranno due le strutture a custodire la Banca dati del Dna: una alla Criminalpol, l'altra in un Laboratorio centrale a Rebibbia di diretta dipendenza del ministero della Giustizia. I dati verranno gestiti con un software che prevede un doppio sistema: un primo livello verrà utilizzato soltanto per le indagini svolte in Italia. Un secondo livello "sarà impiegato anche per le finalità di collaborazione internazionale". L'elenco dei nomi inseriti nella Banca dati verrà conservato per 20 anni. Su questo punto le procedure sono particolarmente rigide, perché necessitano di "profili di autorizzazione predefiniti", per soggetti già in possesso di "credenziali di e previo superamento di una procedura di autenticazione "forte". A occuparsi materialmente della catalogazione e della schedatura non sarà direttamente l'uomo, ma strutture robotizzate.
In Italia esistono già delle Banche dati custodite da carabinieri e polizia, anche se tra loro non esiste scambio di informazioni. Sono circa 50 mila i Dna raccolti durante le indagini. Con il nuovo Regolamento i vecchi profili confluiranno nel "grande sistema" e verranno aggiornati e riclassificati.
Sono esclusi dall'obbligo di prelievo del Dna le persone coinvolte in delitti colposi, oppure nei reati tipici dei "colletti" bianchi, primi fra tutti quelli tributari o fiscali. La cancellazione dei profili genetici dalla banca dati nazionali è prevista in caso di assoluzione, e comunque trascorsi 30 anni, o 40 anni nel caso in cui il condannato sia recidivo.
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