LA STORIA DEL CINEMA ATTRAVERSO I RICORDI DELLE VECCHIE GENERAZIONI IN 'OLD CINEMA – BOLOGNA MELODRAMA'

Intervista esclusiva a Davide Rizzo regista di Old Cinema - Bologna Melodrama in concorso al primo festival italiano online del cinema documentario, visibile su www.viaemiliadocfest.tv
Milano, (informazione.it - comunicati stampa - spettacolo) Da un lato Bologna, città amica e amante del cinema, dall’altro le sue sale cinematografiche e tutta una generazione di anziani che quelle sale le hanno vissute sulla propria pelle, diventando così preziosi testimoni della nascita, dell’evolversi e del declino della settima arte. E’ Old Cinema - Bologna Melodrama film-documentario di Davide Rizzo che indaga lo stretto legame che intercorre tuttora tra l’arte cinematografica e coloro che sono stati testimoni degli eventi più importanti del XX secolo, con un raffronto con la realtà odierna delle sale cinematografiche e del cinema a Bologna, lungo i cambiamenti storico-culturali.

Il mondo del web, la multimedialità e le nuove tecnologie influiscono sul tuo modo di creare film? E se sì, come?
Si certamente e pian piano sempre di più! Innanzitutto a partire dalle ricerche che un autore deve compiere imprescindibilmente prima di ogni lavoro. Il web offre una grande opportunità di ricerca di fonti e materiali, utili al lavoro che si dovrà svolgere. Le nuove tecnologie, inoltre, offrono semplificazioni tecnologiche e nuove possibilità di osservazione che rendono il processo di creazione e di realizzazione più diretto e esaltante.

Credi che il web possa essere decisivo nella diffusione del cinema documentario?
Decisamente! Quando iniziammo a girare il nostro documentario (Old Cinema) a volte ci chiedevamo: “Come faremo a distribuire il nostro film?” L'esistenza del web in parte risollevava le nostre paure circa i circuiti di distribuzione e fruizione. Ci rispondevamo: “ Lo metteremo sul web, in visione gratuita, così sarà alla portata di tutti”. In parte questo processo si sta realizzando. Adesso il film è on line sul vostro festival e tanta gente ha la possibilità di vederlo e questa è una cosa bellissima.

Perché hai scelto di raccontare questa storia attraverso il documentario?
Non è stata proprio una scelta. Anche perché era la prima volta che mi approcciavo al genere e non conoscevo per niente le dinamiche di lavorazione e di produzione di un'opera documentaristica. Prima di questo lavoro, avevo realizzato solo piccoli film a soggetto e il genere documentario non mi interessava molto.
All'inizio di tutto c'era da parte mia solo un'esigenza: quella di parlare di cinema e volevo che a parlare di quest'argomento fosse chi il cinema l'ha sempre masticato nelle sale e non gli addetti ai lavori come critici o registi etc.
Diciamo che è stato un film di pancia. Ero stanco di fare cortometraggi e di essere giudicato solo da festival e giurie, visto che per i cortometraggi la sala è solo un miraggio. Così mi chiedevo: ma il pubblico che cosa vuole? Che cosa lo emoziona? Da queste domande è partito Old Cinema. Per due anni siamo andati nei centri sociali della città in cui vivo, Bologna, a rintracciare quei testimoni che hanno potuto assistere alla nascita delle sale cinematografiche, per farci raccontare i loro ricordi, le loro emozioni.
In più, in quel periodo molte sale storiche della città, care ai nostri anziani, avevano chiuso i battenti per colpa della crisi, qualcosa nel mondo della fruizione cinematografica si stava modificando, internet, le multisale, sentivamo che si stesse chiudendo un’epoca.
Per il nostro documentario non avevamo scritto nessun canovaccio, né tanto meno un trattamento, avevamo solo una quindicina di domande che via via presentavamo ai nostri interlocutori. Insomma, utilizzando la fantasia, ci immaginavamo d'essere una troupe di antropologi armati di telecamera che dopo un lungo viaggio avventuroso erano arrivati in una città sconosciuta con l'unico scopo di trovare testimonianze e tracce evidenti di un passato sconosciuto.
Questo approccio alla fine si è rivelato molto bello dal punto di vista creativo ma anche molto problematico perché dopo due anni avevamo tantissimo materiale e nessuna idea su come montarlo. Da quando sono entrato in montaggio fino alla prima proiezione sono passati altri due anni.

Tre cose per invogliare il pubblico a guardare il tuo doc e votarlo
- Il film è il ritratto di una generazione fantastica, dolce, intelligente.
- Il film svela il segreto per diventare un regista di successo.
- Il film è divertente, non abbiate paura.


Davide Rizzo è nato a Galatina, Lecce, nel 1979. Dopo aver conseguito il diploma scientifico, nel 2000 si trasferisce nella città di Bologna per iniziare gli studi in Lettere Moderne. Nello stesso anno inizia anche l'attività di regista iniziando a dirigere i primi cortometraggi. Nel 2004 fonda Elenfant Film, un'associazione culturale che si occupa della promozione dei diritti umani attraverso l'arte cinematografica. In sei anni di attività Elenfant ha prodotto 3 film documentari e 15 cortometraggi vincendo più di trentra premi e riconoscimenti nei festival nazionali e internazionali. Nel 2006 completa gli studi laureandosi in Lettere Moderne con una tesi di laurea sulle attività letterarie dei detenuti delle carceri italiane. Dal 2007 svolge anche attività di producer per film documentari e videoclip. Nel 2010 conclude il suo primo film documentario, OLD CINEMA-BOLOGNA MELODRAMA che racconta la progressiva scomparsa delle monosale cinematografiche e i ricordi dei primi spettatori del cinema. E' producer, regista e sceneggiatore.


ViaEmiliaDocFest è ideato, organizzato e gestito da PULSEMEDIA editore, produttore e distributore multipiattaforma di film-documentari, videoclip, livecast, che ricopre oggi un ruolo strategico e innovativo nella comunicazione multimediale grazie ad un suo peculiare modo di raccontare il Prodotto, l’Evento, le Storie, basato su una felice sintesi tra sensibilità autoriale e know how tecnologico tra i più avanzati.
Piombo Fuso (82’, 2009), di Stefano Savona vincitore al Festival di Locarno 2009, Il Popolo che Manca (75’, 2010) di Andrea Fenoglio e Diego Mometti vincitore del Premio Speciale della Giuria alla 28° edizione del Torino Film Festival – sezione Italiana.doc; Il Palazzo delle Aquile (123’, 2011) sempre di Stefano Savona (produzione associata), vincitore del concorso internazionale al Cinéma du Réel 2011 e selezionato nella sezione ACID al Festival di Cannes 2011 e Lo chiamavamo Vicky (50’, 2011) di Enza Negroni unico lavoro italiano in concorso al Biografilm Festival 2011, sono solo alcuni dei titoli prodotti dalla società emiliana, che anno dopo anno ottiene dal mondo cinematografico e del documentario – addetti ai lavori e pubblico – autorevoli riconoscimenti.
Attualmente è in fase di postproduzione Freakbeat (t.p.), film lungometraggio per la regia di Luca Pastore, e sceneggiatura di Claudio Piersanti, con Roberto ‘Freak’ Antoni, realizzato con il contributo della Regione Emilia-Romagna e della Cineteca di Bologna.
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Michela Giorgini
libera professionista per MONGINI COMUNICAZIONE
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