Aqua Aura - NEO GENESI

In questo progetto dell’artista milanese, il reale e il virtuale si fondono in un’unica visione, dove - ovviamente - il confine tra l’uno e l’altro è dettato solo dall’esperienza sensoriale umana.
Palermo, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura) Partendo dall’assioma che la fotografia è un elemento metafisico, in quanto capace di ricostruire un’altra realtà rispetto a quella oggettiva, il lavoro di Aqua Aura esaspera il limite della fotografia. Si ottiene così uno spazio pluridimensionale, dove l’opera viene costruita attraverso vari strumenti e immagini di diverso tipo, rielaborando in chiave 2.0 le tecniche della fotografia composita, procedimento già in auge nell‘800 con le ricerche di Henry Peach Robinson (1830 - 1901) e di Oscar Gustave Rejlander (1813 - 1875) che, grazie all’assemblaggio di vari negativi, realizzavano fotografie irreali.
In questo progetto dell’artista milanese, il reale e il virtuale si fondono in un’unica visione, dove - ovviamente - il confine tra l’uno e l’altro è dettato solo dall’esperienza sensoriale umana. Gli elementi della natura, ad esempio, sono realtà conosciute, in cui ognuno di noi percepisce forma, colore e profumo, ma, nelle opere di Aqua Aura, ognuna di queste entità ospita al proprio interno elementi appartenenti ad un’altra dimensione come cellule, globuli e virus; organi reali, di cui nessuno, però, conosce concretamente né l’aspetto né la forma.
“(…) In “Monema”, questi fiori bellissimi, dai colori pieni e saturi e dalle forme carnose e sensuali, non emanano nell’ambiente delle normali spore, ma diventano delle fucine vegetali di microorganismi umaniquali globuli, batteri e virus, potenziali dispensatrici di malattie oppure custodi di una nuova vitaal di lò da venire. (…)” (tratto da Confini tra esperienza e immaginazione di Alessandro Trabucco)
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