Servire gli italiani, non servirsene

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Abbadia San Salvatore , (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura)

SERVIRE GLI ITALIANI, NON SERVIRSENE


Abbadia San Salvatore, ormai diversi anni fa. Nevicava, e forte per giunta. Le nere tomaie dei nostri anfibi
venivano gradatamente sepolte sotto una morbida coltre di fiocchi leggeri, mentre il pianoro s’imbiancava 
candido. Il parroco celebrava la Messa davanti ad autorità civili e militari frattanto che il freddo iniziava a 
raggelarci dita e strumenti. Noi, bersaglieri della Fanfara provinciale di Siena del 5° reggimento in congedo, 
saldi sull’attenti e senza che mai alcun cenno né di fatica né di disappunto né di sconforto solcasse le nostre 
fronti e sfiorasse i nostri pensieri, accompagnavamo con le nostre note lo svolgersi della commemorazione 
in ricordo dei caduti della Grande Guerra. Forte resta - a distanza di anni - il ricordo di quell’occasione:
incurante delle avverse condizioni meteo, numerosa era accorsa la cittadinanza per assistere alla
celebrazione presenziata dalla Fanfara. Tutti percepirono un vibrante spirito patriottico. Indubbiamente, 
resistere immobili a quel gelo e suonare a pieni polmoni richiese molta fermezza, ma il nostro dovere era là. 
Dovere, appunto. Ebbene richiamo oggi questa memoria personale non per autocelebrazione e nemmeno 
per difetto di nostalgia verso giorni di animosa gioventù, bensì quale esempio, anzi meglio, quale risposta 
educativa rivolta ai giovani che non solo ignorano chi i Bersaglieri siano, ma che - cosa ancor più grave - non 
comprendono il significato civile storico culturale di commemorare chi combatté e morì per liberare l’Italia 
dal giogo austro-ungarico, affinché alto sventolasse il tricolore su territori finalmente sottratti allo 
straniero. Gli appartenenti alla cosiddetta “generazione Z” sapranno anche realizzare contenuti digitali da 
condividere in rete, sapranno pure aprire e gestire canali sui social network, però sono all’oscuro del loro 
passato recente. Espressioni come “spirito di servizio” e “senso del dovere” suonano estranee al lessico 
degli attuali ventenni, tutti presi dai social media, dove sedicenti professionisti e farabolani di carriera si 
servono in modo tanto astuto quanto subdolo della attuale crisi educativa e culturale, allo scopo di 
turlupinare i giovani, indirizzandoli così verso modelli di vita alquanto amorali e fatti di pura evanescenza. 
Invero, ad essere pericolosamente in bilico è la questione attinente la formazione dei giovani; formazione 
che non può (e che non deve) avvenire esclusivamente nelle aule scolastiche. In tal senso, la naja
rappresentava un’esperienza cruciale per i ragazzi, poiché non solo li predisponeva de facto al passaggio 
alla vita adulta ma soprattutto li forniva di un virtuoso senso di rispetto, di appartenenza, di sentimento 
civico nei confronti della patria e dei concittadini tutti. La società attuale promuove il profitto e misconosce 
i valori storicamente e culturalmente fondanti della nostra amata Italia. Sovente assistiamo ad episodi di 
bruta ed insensata violenza che traggono ispirazione proprio dalla disinformazione e dalla controcultura
promossa dalla rete. Allora, sveglia italiani: non lasciate che altri, per biechi fini rapaci, si servano di voi; 
certo, mele marce esistono in ogni sistema, ma il punto essenziale è non permettere che tali, pochi, 
individui contaminino il resto, così da guastare schiere di gioventù a venire. Sia la maggioranza degli italiani 
consapevole dell’importanza di servire, laddove la massima espressione del termine non può che essere 
raggiunta in riferimento all’attività militare, per cui abnegazione, pericolo e sacrificio sono il pane 
quotidiano. Dunque, lecito chiedersi dove andremo a finire e lecito domandarsi se Montanelli non 
sbagliasse quando sosteneva di vedere un futuro per gli italiani ma non per l’Italia. Stando in effetti così le 
cose è ben più probabile che gli italiani finiscano prima dell’Italia.

Dott. G. Savini

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