Il Distretto Aerospaziale campano e i 'cappelli' del ministro Bossi

Antonio Ferrara interviene nel dibattito aperto da Il Denaro sui futuro del comparto aerospaziale della Campania
Napoli, (informazione.it - comunicati stampa - economia) Il giornale napoletano nei giorni scorsi ha pubblicato una serie di articoli sul distretto dell'aerospazio. Sull'argomento sono intervenuti diversi operatori del settore, tutti hanno provato a spiegare i motivi che impediscono anche in Campania la costituzione di un distretto industriale. Ne parliamo con Antonio Ferrara, giornalista specializzato e analista di mercato del settore, componente del Tavolo Tecnico del Distretto campano e responsabile editoriale del nostro portale web, e gli chiediamo di condividere con noi le sue considerazioni sulle questioni dibattute. Nei prossimi giorni pubblicheremo tutti i contributi che arriveranno alla nostra redazione sullo stesso argomento.

Alcuni anni fa, come riportò con rilievo la stampa di settore, nel corso di un convegno nazionale a Napoli delle imprese aeronautiche, lanciasti l'idea di razionalizzare il comparto regionale aerospaziale proponendo quelle soluzioni che percorrevano alcune aree europee ( Air Press 3 aprile 2006) dove si strutturavano i primi distretti industriali. Cosa è successo da allora?

Sono trascorsi oltre cinque anni da quel lontano 2006. Quella nostra proposta nasceva da uno studio sui motivi che avevano consentito negli anni precedenti uno sviluppo impressionante di alcuni territori come i cluster dell'Alta Savoia e di Amburgo.



In Campania ancora si dibatte sulle ragioni di un Distretto, c'è anche chi sostiene che il modello sia definitivamente morto e superato. Quale è il tuo parere?

Questa è solo una delle 'stravaganze' che sono emerse da questo dibattito pre-feriale. Nel merito della domanda, basta dare un'occhiata ai dati pubblicati nell'ultimo rapporto dell'Osservatorio Nazionale Distretti Italiani, reso noto da INTESA SANPAOLO ed elaborato, tra gli altri, da UNIONCAMERE, CENSIS e CONFINDUSTRIA, per capire che i Distretti, quando sono impostati su modelli collaudati, non sono affatto vecchi e superati. Nei settori high-tech si stanno dimostrando strumenti efficaci per lo sviluppo delle imprese e nel comparto dell'aerospazio, in quei territori dove ci sono stati atti concreti - vedi i dati del Lazio e Lombardia e anche della Puglia - addirittura i distretti dimostrano di essere una delle condizioni per una crescita a due cifre dell'intero settore.



Servirà questa semplice considerazione a rimuovere i dubbi e le incertezze che finora hanno impedito anche alla Campania di fornirsi del Distretto dell'Aerospazio?

Dopo il Salone di Le Bourget o di Farnborough , si fanno sempre bilanci e si riprende la discussione sui temi del comparto regionale con le inevitabili polemiche sul Distretto dell'aerospazio. Quest'anno a Parigi, per la prima volta, la presenza della Campania è stata sotto tono, sia per la scarsità di risorse, che per l'incertezza che ha caratterizzato l'operato del governo regionale. In pochissimo tempo la struttura dell'assessorato alle Attività produttive, anche con i pochi fondi disponibili, è riuscita a garantire la presenza delle aziende campane all'evento internazionale più importante del settore. Evidentemente c'è chi ha ritenuto la 'disattenzione' della Regione come un inquietante calo di interesse delle istituzioni locali verso un'industria che in altri territori è invece al centro dell'iniziativa politica con provvedimenti sempre più importanti a sostegno dello sviluppo delle imprese.

Tu invece la pensi diversamente?

Francamente credo che in ambito regionale si riproponga oggi lo stesso scenario di divisioni e di scarsa capacità decisionale della precedente esperienza amministrativa. La causa principale dello stallo in cui versa il Distretto industriale in Campania è oggi nella rigidità di quei 'paletti' posti all'inizio del suo mandato dall'Assessore Vetrella, ma anche nell'incertezza con cui hanno operato i suoi predecessori. Il Distretto poteva e doveva essere realizzato negli scorsi anni, quando il progetto raccoglieva un largo consenso, incluso quello delle aziende di Finmeccanica.

Come hai interpretato le parole dell'assessore regionale Sergio Vetrella, che hanno di fatto confermato tutte le sue perplessità sul progetto?

In verità mi hanno sorpreso non poco. In effetti nelle scorse settimane l'assessore ha promosso il rinnovo delle designazioni dei tecnici che partecipano al Tavolo Tecnico. Questa iniziativa mi ha fatto pensare che Vetrella intendesse convocare in tempi brevi l'organismo istituzionale previsto dalla delibera regionale costitutiva del Distretto. Lasciami dire che la riproposizione da parte di Vetrella della "centralità dei prodotti" sposta la questione nel campo di Finmeccanica. Perché non credo che in Campania qualcuno immagini che le PMI siano in condizioni di lanciare nuovi prodotti intorno ai quali costruire un Distretto. In Campania la maggior parte delle imprese sono impegnate nella subfornitura e nell'Aviazione Generale, se Alenia Aeronautica non si decide a partire con il programma del nuovo velivolo regionale, non penso che si verificheranno le condizioni poste da Vetrella, né credo ci saranno le condizioni per discutere di ripresa dello sviluppo del settore.



Credi che il dibattito di questi giorni nasca da questa frustrazione?

Sicuramente. In Campania tra gl'imprenditori c'è anche chi pensa di avere 'il prodotto' e quindi si aspettava da Vetrella quell'attenzione che forse non c'è stata. C'è pure chi ipotizza un nuovo prodotto. In ambienti universitari si è pensato ad un progetto di una famiglia di business jet, anche se un programma completamente nuovo di un velivolo di medie dimensioni richiederebbe quasi gli stessi investimenti che servono per realizzare il ponte sullo Stretto di Messina.
Ritornando alle 'stravaganze', è anche questa parzialità dei punti di vista dei diversi portatori d'interesse che rende necessario uno strumento di governance condiviso che a mio avviso resta la precondizione per il governo di un comparto estremamente complesso e articolato come l'aerospazio, dove gli attori non sono solo le imprese.



Dalle affermazioni di taluni si capisce che ognuno ha in mente un modello diverso e tutti propongono quello che maggiormente corrisponde agli interessi rappresentati.

E' proprio questo il problema. Forse sono in troppi a pensare al Distretto industriale come ad un ente burocratico amministrativo erogatore di risorse pubbliche e d'incarichi da ricoprire.

A quale modello invece pensi tu?

Il 'distretto' è certamente un 'contenitore', il cui contenuto principale è la vision condivisa. I modelli di governance che funzionano in Europa sono quelli inclusivi. Nei paesi europei dove sono stati realizzati , a Siviglia come in Scozia e nel Midland in Inghilterra o in Francia nella regione di Parigi e Tolosa, nei distretti operano con pari dignità attori istituzionali, imprese, il mondo universitario e quello della ricerca ma anche enti formativi e le forze sociali. Non certo un organismo assembleare, gli attori sono portatori d'interessi e di competenze che trovano sintesi in livelli decisionali ben definiti e strutturati.
La precondizione è che la vision sia largamente condivisa non solo delle aziende del comparto, ma dall'intero territorio.
E' un modello che si è dimostrato un efficace strumento per lo sviluppo e la crescita, in particolare per le PMI. Intanto perché si semplificano i contatti i con i grandi player e poi perché le piccole aziende in un unico e autorevole interlocutore istituzionale ritrovano i servizi di supporto al marketing, alla formazione professionale, alle relazioni industriali, all'accesso alle risorse comunitarie e nazionali, al credito finanziario, e ai programmi di promozione e internazionalizzazione. Praticamente quello che è necessario per costruire un modello competitivo che consente di allargare l'area del business.
Stiamo come vedi parlando di qualcosa di profondamente diverso dai consorzi d'impresa che rappresentano solo gli interessi delle aziende che vi aderiscono, e contano solo per quanto pesano le imprese che rappresentano.



Se il distretto industriale continua a restare al palo, invece è in dirittura d'arrivo il riconoscimento del Distretto tecnologico campano.

E' uno dei paradossi dello scenario campano. Si discute da cinque anni, non approdando a nulla, sul distretto industriale e in cinque settimane si "trova la quadra" su uno studio di fattibilità del Distretto Tecnologico e si elabora un documento di quattrocento pagine, completo di analisi, dettagli di progetti e proposte di governance e si riesce anche a presentarlo al MIUR prima dei tempi di scadenza previsti dal bando Pon per la ricerca, che finalizza significativi finanziamenti comunitari per le regione della Convergenza. E' un risultato importante che dimostra che quando sono chiari per tutti gli obiettivi anche in Campania facilmente si trovano le convergenze. Il riconoscimento del MIUR, previsto entro l'anno, premierà tutti gli enti e i consorzi che concorrono al bando con loro progetti e riconoscerà il lavoro del prof. Luigi Carrino che ha coordinato l'intera fase elaborativa del progetto con il sostegno della Presidenza regionale e con il supporto determinante di Alenia Aeronautica.

Nel documento si sostiene che questi finanziamenti consentiranno alle imprese di prepararsi per i programmi futuri. Pensi che sia questa una garanzia del mantenimento delle preesistenze industriali campane che tutti ritengono di assoluta 'eccellenza' ?

La crisi finanziaria ed economica di questi anni e le profonde trasformazioni degli assetti politici in molti paesi del Mediterraneo hanno modificato radicalmente lo scenario del mercato, in particolare quello della Difesa. La ristrutturazione del sistema delle imprese del comparto è inevitabile. Il punto è che potrebbero maggiormente risentirne delle conseguenze negative quei territori più esposti dove la mission degli impianti industriali non è chiaramente definita e consolidata.
In Campania l'assenza di una politica industriale della Regione e la disattenzione dell'intera classe dirigente per i temi dello sviluppo delle imprese, sono stati gli aspetti denunciati anche da Paolo Graziano, neo presidente dell'Unione Industriali di Napoli nel recente incontro pubblico a cui ha partecipato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Infine, per il futuro del comparto aerospaziale campano lo scenario presenta un aspetto di cui a mio avviso si discute poco: la debolezza politica di Finmeccanica. Tutte le sue aziende sono impegnate a rivedere i modelli organizzativi e le strategie, questo produrrà una diversa distribuzione del lavoro e la revisione di ruoli e competenze degli impianti industriali presenti in Italia e all'estero. La debolezza dell'holding la espone alle pressioni, agli interessi e alle pretese della classe politica.
Se il Ministro Bossi si preoccupa di mettere, come lui stesso sostiene, "il cappello sul progetto dello stabilimento di Cameri", perché questo gli "consente di fare politiche per il territorio", mi chiedo, in questo scenario regionale, quali conseguenze potrebbero esserci per le aziende campane se i partiti, pensando di favorire i loro territori d'interesse, decidessero di mettere 'cappelli' sui programmi industriali, sulle scelte delle alleanze e sulle partecipazioni delle aziende italiane a nuovi progetti.

Pensi ad una marginalizzazione dell'intero comparto meridionale?

Non esattamente. In Puglia gli investimenti e gli accordi con Boeing di Alenia Aeronautica garantiscono una stabilità degli impianti e mantengono le condizioni di sviluppo dell'intera filiera. Quello che ancora non è chiara è la strategia che Finmeccanica intende seguire nella nostra regione.
Nel Nord del Paese la classe dirigente è attenta al destino delle imprese del comparto ed è presente nei consigli di amministrazione delle aziende di Finmeccanica. Nelle istituzioni la politica lavora per aggregare e rafforzare le imprese di quei territori ipotizzando un distretto tra Lombardia e Piemonte. In Campania nonostante la filiera conservi molte debolezze tutti confidano solo nelle scelte di Finmeccanica.
Mi chiedevi all'inizio le ragioni di un dibattito che lascia intendere l'emergere di preoccupazioni per il futuro da parte di diversi operatori del settore. Ebbene, penso che in chi segue le vicende del settore cresca il timore che questa fase di transizione produrrà una maggiore 'marginalizzazione', sia qualitativa che quantitativa per gli stabilimenti campani di Finmeccanica e della filiera dei subfornitori e quindi dell'intero comparto. E in effetti, fatte salve le organizzazione imprenditoriali e sindacali, che in più occasioni hanno sollevato il problema della ripartenza dello sviluppo delle imprese e dei comparti manifatturieri, nessuno pare preoccuparsi del costante processo di deindustrializzazione del tessuto economico campano. C'è d'augurarsi che almeno questo dibattito sull'aerospazio serva a chiarire le posizioni dei vari interlocutori e ad avviare una seria riflessione delle forze politiche, sociali e istituzionali.
Ufficio Stampa