La fuga dei cervelli

Lorenzo Pinna, collaboratore di Piero Angela per il programma Quark scrive nel mensile SocialNews, diretto da Massimiliano Fanni Canelles, sul merito universitario
, (informazione.it - comunicati stampa - istruzione e formazione) Baltimora, Stati Uniti. L’Università John Hopkins è uno dei centri più prestigiosi di ricerca astrofisica. Nei laboratori di questo Istituto lavora una ricercatrice italiana, Valentina Braito, uno dei tanti talenti che abbandonano ogni anno l’Italia per cercare condizioni migliori dove condurre i propri studi con meno ostacoli e più gratificazioni che in Italia. E’ uno dei numerosi esempi della fuga dei cervelli dal nostro paese. Non è difficile immaginare che i laureati italiani che ogni anno emigrano all’estero e riescono ad essere accettati in centri di eccellenza come la John Hopkins sono gli studenti migliori. In realtà la fuga dei cervelli non sarebbe poi così dannosa se questi giovani talenti potessero ad un certo momento ritornare in Italia. La scienza è un’impresa internazionale e un periodo di formazione all’estero è indispensabile se si vuole competere ai massimi livelli. Il problema si trova esattamente qui. Non tanto la fuga, quanto la difficoltà di tornare. Il sistema scientifico italiano è come irrigidito e ingessato e non è capace di offrire niente per attrarre questi talenti.

E la fuga dei cervelli italiani che non riescono poi a tornare è solo metà del problema. Il sistema scientifico italiano, cioè Università e Centri di Ricerca come il CNR o l’ENEA, non riescono a richiamare i talenti stranieri. Come dire che il sistema italiano non attrae l’intelligenza, la capacità, il talento. Tutti ingredienti indispensabili per rendere l’Italia più competitiva nell’economia globale e in prospettiva più ricca e con maggiori risorse da redistribuire a tutta la popolazione. Quando in certi rari casi riesce ad attrarre qualche talento poi se lo fa scappare. Ana – per convenzione la chiameremo così – è una giovane biologa croata che lavora nel centro di ricerche dell’ Humanitas a Milano.

Primo ostacolo. Gli stipendi che vengono offerti ai ricercatori: 800 euro al mese. E’ chiaro che un italiano se vive a casa dei genitori può anche permettersi una carriera scientifica. Per uno straniero che deve pagarsi tutto a cominciare dall’affitto l’impresa è impossibile. Nel caso di Ana il centro di ricerca biomedico Humanitas presso cui lavora, ha provveduto sia ad integrare la magrissima borsa di studio, sia a trovarle l’alloggio. Ovviamente non tutti i laboratori possono permettersi di offrire queste facilitazioni per attrarre i giovani talenti dall’estero. Ma questo è solo il primo ostacolo.

Il secondo è il permesso di soggiorno e di lavoro. Un’odissea burocratica che costringe il ricercatore a infinite perdite di tempo e spesso ad essere guardato con sospetto, quasi come un immigrato entrato illegalmente. E’ vero, oggi la Comunità Europea ha pensato ad uno speciale permesso di lavoro, detto permesso blu, realizzato per facilitare l’ingresso di stranieri come la giovane biologa croata. Cioè studiosi, esperti o specialisti nelle discipline più varie. Ma nel frattempo molti guai sono stati già fatti. Uno dei laboratori del NIH, il centro propulsore delle più importanti ricerche biomediche mondiali, è diretto da Je Ming Huang, un professore di biochimica di origine cinese. I primi passi il prof. Huang li ha mossi in Italia, all’Istituto Mario Negri di Milano. Ma poi è stato costretto a lasciare il nostri paese. Insomma un bell’autogol per l’Italia, perdere uno scienziato che in parte aveva contribuito a formare. Mentre negli Stati Uniti le sue capacità sono state subito riconosciute e premiate con un posto di grande responsabilità garantendogli la possibilità di ricongiungersi con la famiglia. Non è l’unico caso, anche perché gli ostacoli che uno scienziato straniero incontra in Italia non si limitano al basso stipendio e alla difficoltà di ottenere i permessi di soggiorno e lavoro.

C’è un terzo ostacolo che scoraggia la permanenza nel nostro paese. L’estrema difficoltà di fare carriera nelle istituzione scientifiche italiane. Dove si avanza più per anzianità di servizio che per meriti e capacità. E’ questa la ragione che ha ad esempio spinto un giovane biologo cubano Fernando Martinez a lasciare i laboratori italiani e trasferirsi ad Oxford dove meriti e capacità trovano maggiori e più rapidi riconoscimenti. Fuga senza ritorno dei cervelli italiani, incapacità di attrarre e trattenere i più brillanti cervelli stranieri. Sono due segnali, niente affatto rassicuranti, sullo stato di salute della nostra ricerca scientifica. E oggi, lo ripetiamo, la competitività di un paese si misura nella sua capacità di innovare, di anticipare il cambiamento e di proporre nuove idee e nuove soluzioni. Tutte cose che non arrivano gratis dal cielo, ma che si ottengono solo con un lavoro difficile, continuo e bene organizzato. Dove i criteri per ottenere buoni risultati sono due. Primo una selezione dei progetti, delle persone e degli istituti in base al merito e alla capacità. E secondo: risorse finanziarie adeguate.
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