“Parolin, cuore grande: sua figura ancora centrale. Malignità in Vaticano? Sì, ma non su di lui”

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Se molti italiani, nel vedere quella fumata bianca elevarsi solenne sopra le tegole e i tetti di San Pietro, hanno sussultato auspicando di sentir pronunciare il nome di un papa connazionale, nel vicentino quel nome aveva certo il volto gioviale e fraterno del cardinale Pietro Parolin. Don Piero, come lo chiamano amabilmente a Schiavon: entrato papa e uscito cardinale. E mentre si sprecano le congetture fra ipotesi di faide e sgambetti tutt’altro che suggeriti dallo Spirito Santo, c’è chi come Luca Sandonà, pur laico, l’aria delle imperiose stanze vaticane l’ha respirata per diverso tempo e qualche idea, in questi giorni che odorano di storia, se l’è potuta fare: “Sono arrivato in Università nell’autunno 2013 per sostituire Johann Spitzer – racconta Sandonà, professore incaricato dal 2013 al 2019 di materie economiche nel corso di laurea magistrale di dottrina sociale della Chiesa nell’istituto pastorale Redemptor hominis della Pontificia Università Lateranense – un docente argentino che rientrava in patria. (L'Eco Vicentino)
Ne parlano anche altri media
Città del Vaticano – È stato eletto l’uomo del consenso, il Papa che sa raccogliere e rilanciare l’eredità di Francesco rassicurando chi ne soffriva il carattere dirompente, il religioso dal temperamento riservato ma avvincente. (la Repubblica)
Lo dicevano esperti, analisti, e persino i siti di scommesse.Settant'anni compiuti a gennaio, Parolin era considerato un successore di Francesco "in linea" con la direzione presa da Bergoglio nell'amministrare la chiesa cattolica. (Esquire)
SCHIAVON – Il parroco, ci mancherebbe, ha mantenuto la promessa. Il segretario di Stato è nato in una casa di Via Roma, a pochi metri dalla piazza centrale del piccolo paese del Vicentino, 2500 abitanti ai piedi del Monte Grappa e dell’altopiano di Asiago. (la Repubblica)

Pietro Parolin appariva proprio accanto a Leone XIV per una questione di rango, lo stesso che lo aveva portato a guidare il Conclave e che gli aveva imposto, poco prima, il compito di chiedere a Robert Francis Prevost: «Acceptasne electionem?». (la Repubblica)
Era il favoritissimo della viglia, o almeno così sostenevano gli osservatori e conoscitori di cose vaticane. Il Segretario di Stato, invece, non è riuscito a catalizzare su di sé più dei voti che aveva, appunto, alla vigilia. (Tgcom24)
È difficile capire se vi sia delusione, o solo il prendere atto di quello che è stato deciso nel Conclave, che ha scelto una strada diversa. Matteo Sambo era pronto ad alzare il bicchiere di spritz nel bar di Schiavon, a cinque chilometri da Marostica, per celebrare l’elezione del monsignore che a Roma ha fatto carriera diventando segretario di Stato di Papa Bergoglio. (Il Fatto Quotidiano)