L’assuefazione alla guerra nell’oblast di Kharkiv, mentre Sumy piange i suoi morti

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ESTERI

Denis, abitante di Blyzniuky, nell’oblast di Kharkiv, ha imparato a ignorare gli allarmi che risuonano sul suo smartphone. Dopo il primo segnale, ha chiuso l’applicazione con un sospiro di fastidio, gesto che ripeterà anche ai successivi avvisi. Quelli che un tempo avrebbero scatenato il panico sono ormai parte della routine, una presenza costante che si intensifica man mano che ci si avvicina al confine orientale. I droni russi, soprannominati “motorini” per il loro ronzio persistente, solcano il cielo con una frequenza tale che contarli è diventato inutile.

A Sumy, però, l’indifferenza non è un’opzione. Le immagini catturate dalla bodycam di un agente di polizia ucraino mostrano l’orrore dell’attacco di domenica 14 aprile, uno dei più sanguinosi dall’inizio dell’invasione. Trentaquattro civili hanno perso la vita sotto le bombe, tra cui due bambini, in una strage che ha lasciato cicatrici profonde nella città già martoriata. Le riprese, diffuse dalle autorità, mostrano il caos e la disperazione nei momenti immediatamente successivi all’esplosione, con soccorritori che si muovono tra le macerie mentre le sirene continuano a ululare.

La reazione internazionale non si è fatta attendere, ma le parole di condanna si sono intrecciate con polemiche politiche. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, pur definendo l’attacco “ignobile” e “indegno”, ha sollevato una questione spinosa: “Quello che ci sorprende è che tutte queste dichiarazioni che si affollano e fanno la contabilità dei morti non considerino invece gli oltre 50.000 morti a Gaza”. Un parallelismo che, se da un lato ha riacceso il dibattito sulle vittime dei conflitti globali, dall’altro rischia di offuscare la specificità di una tragedia che, per l’Ucraina, è solo l’ultima di una lunga serie.