La crisi delle librerie a Torino viste dal "bookpostino"

AGI - Agenzia Italia ECONOMIA

Oggi fare cultura non può essere un mestiere.

Quello che si può fare non è piangere sul latte versato ma immaginare il futuro: siamo in una fase di passaggio e come succede in ogni fase di passaggio c’è qualcuno che resta triturato.

La libreria Paravia di Torino dopo quasi 198 anni di storia ha chiuso i battenti, per le titolari, la situazione non era più sostenibile.

Non solo, il Bookpostino consegna in bicicletta, agli associati libri a domicilio, con tanto, quando è possibile, di dedica dell’autore. (AGI - Agenzia Italia)

Ne parlano anche altre testate

Tempo (triste) di scatoloni e ricordi, al «Mood» di via Cesare Battisti. Ma anche Franco Mondini, Sepulveda, Littizzetto, Chiambretti, Gramellini e Chuck Palahniuk che ho personalmente accompagnato ai Murazzi. (La Stampa)

Dopo la chiusura della storica libreria Paravia di Torino, cresce la paura per le sorti delle librerie italiane nel prossimo futuro. Infatti, i giovani che oggi si avvicinano al mondo delle librerie scelgono di aprire librerie più piccole, tendenzialmente a conduzione familiare e più orientate ai social media. (Libreriamo)

Aperta nel 1802, l’annuncio della chiusura era arrivato ieri, 14 gennaio, direttamente sulla pagina Facebook della libreria di piazza Arbarello. Sonia ha spiegato il motivo per cui i clienti sono andati man mano a diminuire. (Open)

Ma la resa della più antica bottega della città è un campanello d’allarme che è difficile lasciar passare inosservato. La libreria Paravia a Torino rappresentava un valore aggiunto per la città, si occupava anche di testi scolastici, facendo un lavoro forte nel mondo dell'istruzione. (La Stampa)

Nel 2015 la libreria aveva lasciato la storica sede di via Garibaldi per trasferirsi in piazza Arbarello. Lo scorso 28 dicembre è stato l'ultimo giorno di attività della libreria, che dopo le festività non ha più riaperto. (Today)

La crisi delle librerie dunque dipende anche dall’aver trasformato molti librai in semplici magazzinieri, chiamati a spostare pesi anziché fare quello che era ed è un mestiere bellissimo, visto che un libraio quando è davvero tale è anche un po’ uno psicologo o se preferite un medico dell’anima. (La Stampa)