Trump e i dazi: potere esecutivo senza freni, ma le elezioni midterm pesano





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Donald Trump, da quando ha assunto la presidenza degli Stati Uniti, ha fatto dei dazi uno dei pilastri della sua politica commerciale. La recente decisione di imporre un ulteriore 10% di tasse doganali sulle importazioni cinesi ha riacceso il dibattito sui limiti del potere presidenziale in materia di commercio internazionale. La domanda che molti si pongono è se il presidente abbia mano libera o se debba rispondere a vincoli costituzionali, come l’approvazione del Congresso o il consenso degli Stati più colpiti dalle sue scelte, come quelli confinanti con il Canada. Francesco Clementi, ordinario di diritto pubblico comparato alla Sapienza, chiarisce che, secondo l’articolo II, sezione 1, della Costituzione americana, il presidente detiene l’intero potere esecutivo, il che gli conferisce un’ampia autonomia decisionale in questo ambito.
La mossa di Trump, tuttavia, non è passata inosservata. La Cina ha risposto con dazi del 15% su carbone e gas statunitensi, dimostrando di non volersi sottomettere alle pressioni di Washington. Pechino, che aveva già annunciato un’indagine antitrust su Google, sembra voler giocare le sue carte con cautela, lasciando intendere che i dazi non siano l’unica arma a disposizione in una guerra commerciale che si fa sempre più complessa. La reazione cinese, meno aggressiva di quanto temuto, suggerisce che ci sia spazio per negoziati, anche se la tensione rimane alta.
Intanto, l’Europa si trova divisa tra chi, come la Francia, spinge per una linea dura e chi, come Bruxelles, preferisce mantenere aperto il dialogo con Washington. L’Italia, attraverso le parole del presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, si propone come ponte tra Stati Uniti e Unione Europea per evitare un’escalation di ritorsioni. Il Regno Unito, dal canto suo, con il premier Keir Starmer, ha già chiarito che non sosterrà l’Europa se questa sceglierà la via delle contromisure commerciali.
Mentre Canada e Messico cercano di convincere Trump a rinviare l’introduzione dei dazi, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina entra in una fase cruciale. Le implicazioni non sono solo economiche: l’indagine antitrust su Google in Cina, ad esempio, dimostra come le tensioni commerciali possano avere ripercussioni su altri settori, colpendo anche marchi come Tommy Hilfiger e Calvin Klein. Il rischio è che il conflitto si estenda, coinvolgendo sempre più attori e settori, con conseguenze difficili da prevedere.