Omicidio di Ramy, nuove rivelazioni dall'inchiesta
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Nella stanza di Ramy Elgaml, un bilocale popolare al Corvetto, Yehia, il padre del giovane, ci accoglie con un sorriso malinconico, stringendo una cornice azzurra con una foto di lui e Ramy in piazza Duomo. Ramy, 19 anni, dormiva in un letto a castello di ferro, ora vuoto, nel salottino di casa Elgaml. La tragedia che ha colpito la famiglia è avvenuta il 24 novembre scorso, quando Ramy, a bordo di uno scooter T-Max guidato dall'amico Fares Bouzidi, è morto nell'impatto contro un palo del semaforo alla periferia sud di Milano, durante un inseguimento con i carabinieri.
L'avvocata Debora Piazza, che rappresenta Bouzidi, ha visionato le registrazioni integrali depositate agli atti, rimanendo basita nel sentire i carabinieri pronunciare frasi come "Vaffanculo non è caduto prima, lo che cade, no merda non è caduto". Queste parole, insieme ai video dell'inseguimento, hanno portato a un aggravamento della posizione dei due carabinieri coinvolti, inizialmente indagati per omicidio colposo stradale, ora accusati di omicidio con dolo eventuale.
Le immagini e gli audio agli atti dell'inchiesta mostrano l'inseguimento durato quasi otto chilometri, durante il quale i carabinieri hanno cercato di fermare lo scooter anche a costo di farlo cadere. Il video dell'inseguimento al Corvetto, emerso recentemente, ha rivelato nuovi particolari sull'incidente, sollevando ulteriori interrogativi sulla condotta delle forze dell'ordine.
La famiglia Elgaml, in attesa di giustizia, vive con il ricordo di Ramy, un giovane la cui vita è stata tragicamente spezzata.