La liberazione di Cecilia Sala, dietro le quinte di un'operazione diplomatica

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INTERNO

La liberazione di Cecilia Sala, giornalista italiana detenuta nel carcere iraniano di Evin dal 19 dicembre scorso, ha monopolizzato le prime pagine dei quotidiani odierni. Sala, sbarcata ieri a Ciampino, è stata accolta dall'abbraccio del compagno, Daniele Raineri del Post, e dei genitori, in un momento di grande emozione. Le prime parole della giornalista, condivise in un vocale inviato ai colleghi, hanno sottolineato la sua gratitudine per il sostegno ricevuto durante la detenzione.

Dietro questa liberazione, tuttavia, si cela un complesso intreccio di negoziati diplomatici e accordi tra servizi segreti. Il ruolo decisivo è stato giocato dal direttore dell'Aise, Caravelli, che ha effettuato un volo a Teheran per negoziare direttamente con le autorità iraniane. Parallelamente, un viaggio a Mar-a-Lago ha permesso di ottenere l'ok dell'ex presidente americano Trump, il cui supporto è stato fondamentale per sbloccare la situazione.

Le date chiave di questa operazione sono state il 2, il 10 e il 20 gennaio, con il giorno decisivo per la liberazione di Sala fissato al 2 gennaio. La rapidità dell'espulsione della giornalista, avvenuta in tempi più brevi del previsto, conferma che la sua detenzione non era legata a violazioni della legge islamica, ma piuttosto a una ritorsione per l'arresto di un cittadino iraniano in Italia, avvenuto tre giorni prima su richiesta degli Stati Uniti. Questo cittadino, un ingegnere e imprenditore esperto di droni, era stato arrestato per presunte attività illecite.

Il ritorno a Roma di Cecilia Sala ha visto anche il coinvolgimento di Elon Musk, il cui intervento ha contribuito a facilitare le trattative. La giornalista, nota per il suo lavoro con Chora Media e il Foglio, ha trascorso tre settimane in carcere senza accuse formali, un periodo che ha messo a dura prova la sua resistenza fisica e psicologica.