Trattativa, la strage di via D’Amelio decisa da Riina perché Paolo Borsellino era “interessato al dossier mafia appalti”

Il Fatto Quotidiano INTERNO

E fanno riferimento a quanto accadde nell’affollata e assemblea plenaria che si tenne in Procura con i pm il 14 luglio del 1992, cioè appena cinque giorni prima della strage di via D’Amelio

“Sono stati acquisiti – scrivono i giudici a supporto dell’ipotesi – elementi che comprovano l’intendimento del dottor Borsellino di studiare il fascicolo relativo rapporto “mafia appalti” nel periodo compreso tra strage di Capaci e la strage via D’Amelio“. (Il Fatto Quotidiano)

Ne parlano anche altre testate

Sul giornale di domani il nostro Marco Lillo si occuperà di questa parte della storia sulla quale la giustizia non ha ancora fatto luce. TRATTATIVA: I DUBBI, LE DOMANDE E I BUCHI DELL’UTRI, MANGANO E BERLUSCONI. (Il Fatto Quotidiano)

Adesso è scritto nero su bianco, nelle 2.971 pagine delle motivazioni dei giudici della Corte d'assise d'appello di Palermo depositate ieri in cancelleria. I giudici ricordano anche le "doglianze che Borsellino aveva personalmente raccolto nei suoi contatti con i carabinieri del Ros" (Adnkronos)

– La Corte d’assise d’appello di Palermo ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale il 23 settembre scorso ha definito il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. “V’erano dunque indicibili ragioni di ‘interesse nazionale’ a non sconvolgere gli equilibri di potere interni a Cosa nostra che sancivano l’egemonia di Provenzano e della sua strategia dell’invisibilità o della sommersione – spiegano – almeno fino a che fosse stata questa la linea imposta a tutta l’organizzazione. (lasiciliaweb | Notizie di Sicilia)

"Esclusa qualsiasi ipotesi di collusione con i mafiosi, se Mori e Subranni potevano avere interesse a preservare la libertà di Provenzano, ciò ben poteva essere motivato dal convincimento che la leadership di Provenzano, meglio di qualsiasi ipotetico e improbabile patto, avrebbe di fatto garantito contro il rischio del prevalere di pulsioni stragiste o di un ritorno alla linea dura di contrapposizione violenta allo Stato". (Tp24)

Anche la mancata perquisizione del covo di Riina puo’ essere ricondotta a questa strategia. E l’unica finalita’ dei carabinieri era quella di fermare le stragi “insinuandosi in una spaccatura” all’interno di Cosa nostra. (il Fatto Nisseno)

Il corpo politico che avrebbe dovuto essere costretto ad adottare provvedimenti a favore della mafia era il governo di Silvio Berlusconi. Facendo leva su tensioni e contrasti, si cercava insomma di dialogare con Bernardo Provenzano per colpire meglio l’ala stragista di Totò Riina (Avvenire)