“I dati di Siri non vengono usati per le pubblicità”. Apple risponde ancora alla domanda: gli smartphone ci ascoltano?
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Siri non ascolta gli utenti per mandare poi informazioni agli inserzionisti per proporre pubblicità più mirate sugli interessi delle persone. Apple ha smentito, una volta ancora, questa possibilità; che è tornata in auge nel contesto del pagamento di 95 milioni di dollari per chiudere un'azione collettiva che era stata avviata negli anni scorsi, proprio in merito alla privacy dell'assistente dei dispositivi Apple. (DDay.it)
La notizia riportata su altre testate
Gli ascolti indebiti di Siri Nella fattispecie, Apple ha proposto di pagare 95 milioni di dollari per chiudere la causa nella quale è accusata di aver ascoltato, con i dispositivi di assistenza digitale Siri, le conversazioni private dei propri utenti, forse rivendendo poi a terzi le informazioni raccolte in maniera illecita. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
Questa class action potrebbe quindi portare l'azienda della mela a rimborsare (con 20$ l'uno) tutti gli utenti che siano pronti a dichiarare, sotto giuramento, di essere stati ascoltati da Siri senza il loro consenso tra il 2014 e il 2024. (SmartWorld)
I possessori di iPhone si sono lamentati del fatto che Apple registrava regolarmente le loro conversazioni private dopo aver attivato Siri involontariamente e le divulgava a terze parti, come gli inserzionisti. (ilmessaggero.it)
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Pochi giorni addietro Apple ha accettato di pagare 95 milioni di dollari per chiudere una azione collettiva negli USA. La questione risale al 2019 quando emerse che la Casa di Cupertino sfruttava dei collaboratori esterni incaricati del controllo qualità e si scoprì che questi potevano ascoltare informazioni sensibili registrate accidentalmente dalla funzione “Ehi Siri”. (macitynet.it)
Ci avevano promesso la libertà e la privacy, perché come sempre quando nascono le rivoluzioni bisogna sempre offrire qualcosa in cambio. Cominciando da «è gratis e lo sarà sempre» (Facebook), i vecchi nerd diventati imprenditori si sono però via via piegati alla logica del business, per cui non solo Facebook non è più gratis (il prodotto siamo noi), ma ormai non ci si può più fidare di nessuno. (il Giornale)