Omicidio di Marco Vannini, un giallo lungo sei anni: lo sparo, il mancato soccorso, le bugie di Ciontoli, i processi e la condanna finale

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Corriere Roma INTERNO

Ripubblichiamo questo articolo di Fulvio Fiano, online lo scorso 26 ottobre, risultato tra i più apprezzati dalle nostre lettrici e dai nostri lettori nel 2024. La morte di Marco Vannini «sopraggiunse» quale «conseguenza» sia delle «lesioni causate dal colpo di pistola» che della «mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto (…) Una condotta omissiva fu tenuta da tutti gli imputati che presero parte alla gestione delle conseguenze dell’incidente: si informarono su quanto accaduto, recuperarono la pistola e provvidero a riporla in un luogo sicuro, rinvennero il bossolo, eliminarono le macchie di sangue con strofinacci e successivamente composero una prima volta il numero telefonico di chiamata dei soccorsi (…) la condotta di Antonio Ciontoli fu non solo assolutamente anti doverosa, ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto, sicché appare del tutto irragionevole prospettare, come fa la difesa, che egli avesse in cuor suo sperato che Marco Vannini non sarebbe morto». (Corriere Roma)

La notizia riportata su altre testate

Martina Ciontoli, l’ex fidanzata di Marco Vannini, il giovane ferito mortalmente da un colpo di pistola esploso dal suocero, Antonio Ciontoli, mentre era nella loro villetta di Ladispoli la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015, ha scontato un terzo della pena comportandosi come una detenuta modello e per questo il magistrato di sorveglianza, su input della direzione del carcere di Rebibbia, le ha accordato, così come previsto dall’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, la possibilità di lasciare la cella per andare a lavorare all’esterno. (ilmessaggero.it)

Marco Vannini, l'ex fidanzata Martina Ciontoli coinvolta nell'omicidio esce di cella dopo 3 anni per lavorare