La Cina ha bandito le criptovalute lo scorso anno. Oggi rimane il secondo Paese al mondo per il mining di bitcoin

DDay.it ECONOMIA

Secondo il CCAF, i minatori sono diventati più fiduciosi e "sembrano soddisfatti della protezione offerta dai servizi di proxy locali", che aiutano a celare la posizione dell'attività di mining

Gli Stati Uniti, infatti, restano il primo Paese con una quota del 37,84% della capacità di calcolo (che viene espressa in Exahash) che serve a minare bitcoin.

La Cina viene preferita dai minatori in quanto l'energia elettrica consumata nel Paese è più economica perché deriva ancora in gran parte dal carbone. (DDay.it)

Ne parlano anche altri giornali

Del resto la Cina rappresentava, all’epoca, tra il 65% e il 75% dell'hash rate mondiale. In Cina, i minatori di criptovalute, hanno trovato il modo per aggirare le restrizioni imposte dal governo centrale. (Il Sole 24 ORE)

Il mining esplose in territorio cinese al punto che il 65% circa del potenziale di mining globale era proprio in Cina. Il governo cinese aveva imposto dei limiti molto rigidi a tutti coloro intenti a trovare nuove criptovalute in territorio cinese appunto. (I-Dome.com)

Il dato emerge dall'ultimo aggiornamento del Cambridge Bitcoin electricity consumption index (Cbeci): secondo i dati pubblicati oggi, a gennaio 2022 la Cina ha bruciato il 21,1% dell'energia utilizzata nel mondo per generare Bitcoin; una percentuale che fa della Cina il secondo mercato più grande alle spalle degli Stati Uniti d'America al 37,8%. (idealista.it/news)

Oggi vediamo che anche la Cina è tornata in carreggiata, con oltre il venti per cento di potenza di calcolo, seconda solo al trentasette per cento degli Stati Uniti Secondo il report la ripresa sarebbe dovuta a una “improvvisa impennata delle operazioni svolte in segreto”. (Wired Italia)

La scomparsa della Cina dalla scena era comunque stato accolto in maniera molto positiva dalla comunità, in quanto era venuto a mancare uno dei principali motivi di accentramento della capacità produttiva della rete Bitcoin, anche considerando che la potenza perduta era stata largamente recuperata già a dicembre dello scorso anno, quindi l'assenza dell'apporto cinese è stato completamente assorbito in pochi mesi. (HDblog)