Trump accelera le deportazioni: primo volo verso la Libia già oggi

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Redazione Esteri Redazione Esteri   -   Washington. Un aereo militare statunitense potrebbe decollare già oggi, mercoledì, con a bordo un gruppo di migranti irregolari destinati alla Libia. La decisione dell’amministrazione Trump – che rientra in una strategia più ampia volta a dissuadere l’immigrazione clandestina – segna un’ulteriore escalation nelle politiche di espulsione, estendendosi a Paesi fuori dal tradizionale quadro di rimpatri.

Le autorità non hanno specificato la nazionalità degli interessati, né il numero esatto di persone coinvolte. Quello che è certo, però, è che la Libia – teatro di un conflitto interno protrattosi per quasi quindici anni e più volte al centro di denunce per le condizioni disumane nei centri di detenzione – diverrebbe così una delle destinazioni scelte per le deportazioni volute dalla Casa Bianca.

Secondo quanto riportato dal New York Times, che cita fonti governative, l’operazione rientrerebbe in un disegno più ampio, teso a inviare "un messaggio chiaro" a chi tenta di varcare illegalmente i confini statunitensi. Sebbene non sia la prima volta che Washington ricorre a voli charter per i rimpatri, il trasferimento verso un Paese instabile e con un sistema giudiziario fragile rappresenta una novità, sollevando interrogativi sulle garanzie offerte ai deportati.

Le organizzazioni umanitarie, del resto, da anni documentano violazioni sistematiche nei centri libici, dove migliaia di persone – spesso catturate durante tentativi di attraversamento del Mediterraneo – finiscono in strutture sovraffollate e prive di tutele minime. Se la notizia venisse confermata, sarebbe la prima volta che gli Stati Uniti scelgono direttamente la Libia come meta forzata per migranti intercettati sul proprio territorio.

Quello che appare evidente è la volontà di intensificare un approccio già sperimentato in passato, come nel caso degli accordi con il Messico per i respingimenti o con alcune nazioni centroamericane. Una linea dura, che però rischia di scontrarsi con le critiche di chi contesta l’invio di persone verso contesti segnati da insicurezza e violenze.