Harley-Davidson nel mirino dei dazi, l’Europa risponde a Trump





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La decisione dell’amministrazione Trump di imporre dazi del 25% sull’acciaio e sull’alluminio importati dagli Stati Uniti ha scatenato una nuova fase della guerra commerciale tra Washington e l’Unione Europea. La Commissione Europea, dopo aver valutato gli effetti di queste misure, ha deciso di adottare contromisure per proteggere le aziende, i lavoratori e i consumatori europei da quelle che definisce “restrizioni commerciali ingiustificate”. Tra i settori più colpiti, oltre alla siderurgia, spiccano prodotti simbolo come le motociclette Harley-Davidson e il whiskey, che rappresentano un’importante fetta dell’export statunitense verso l’Europa.
La risposta europea, articolata in due fasi, prevede inizialmente la mancata rinnovazione, a partire dal 1° aprile, della sospensione delle contromisure adottate in precedenza contro i dazi imposti durante la prima amministrazione Trump. Successivamente, entro la metà di aprile, è atteso un ulteriore pacchetto di misure, che sarà definito dopo la consultazione degli Stati membri. Si stima che il valore complessivo delle contromisure potrebbe raggiungere i 26 miliardi di euro, un segnale chiaro della determinazione europea a non cedere alle pressioni commerciali statunitensi.
La mossa di Trump, che ha esteso i dazi senza eccezioni o esenzioni, ha creato un clima di incertezza non solo per i produttori europei, ma anche per quelli di altri paesi, come Canada e Messico, minacciati da ulteriori tariffe aggiuntive del 25% su un’ampia gamma di prodotti a partire dal 2 aprile. Eurofer, l’associazione che rappresenta l’industria siderurgica europea, ha sottolineato come il settore sia oggi più vulnerabile rispetto al 2018, quando furono introdotti i primi dazi, a causa di un contesto economico globale già fragile.
La situazione rischia di avere ripercussioni significative non solo sul commercio internazionale, ma anche sulle dinamiche politiche interne agli Stati Uniti. L’export colpito dalle contromisure europee riguarda infatti in larga parte stati a maggioranza repubblicana, creando un potenziale cortocircuito tra le scelte dell’amministrazione e gli interessi dei suoi stessi sostenitori.