Al-Jolani e l'onore all'archeologo eroe

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Corriere della Sera ESTERI

Non possono bastare una giacca e una cravatta «borghesi», ad Abu Mohammed al-Jolani, il leader del gruppo islamista siriano Hayat Tahrir al-Sham che ha preso in pugno la Siria, a tranquillizzare chi crede nella libertà, nella democrazia, nei diritti umani. Men che meno dopo la mano rifiutata giorni fa alla ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock e più ancora la conferma come ministro della giustizia del governo provvisorio a Damasco di Shadi al-Waisi, laureato in Sharia islamica, che un video del 2015 è immortalato mentre supervisiona l’esecuzione a Idlib di due donne accusate di adulterio e prostituzione (Corriere della Sera)

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La storia ha corso frenetica per qualche settimana: l’avanzata su Aleppo, lo scioglimento dell’esercito regolare, l’arrivo degli ex jihadisti di Al Qaeda e dell’Isis a Damasco. Nelle prime ore della «rivoluzione senza sangue», la «rivoluzione della misericordia» come l’aveva definita l’ex «terrorista anti-americano» Al Jolani, i siriani avevano paura. (Corriere della Sera)

HTS ha attraversato varie fasi di evoluzione: iniziando con una stretta collaborazione con Abu Bakr al Baghdadi, Capo dello Stato Islamico, seguendo poi un periodo di alleanza con al Qaida, ed arrivando ad un’adozione di politiche più moderate che hanno segnato un cambiamento significativo nella loro strategia. (Adnkronos)

Il sud della Siria è la spina nel fianco di Al Julani

Eppure, il nuovo leader della nuova Siria post-Assad, Abu Mohammed al-Jolani – al secolo Ahmad al-Shara - cerca proprio di riposizionarsi come volto nuovo della nuova Siria, sforzandosi in tutti i modi di trasmettere al mondo – giustamente preoccupato per i trascorsi suoi e di quelli degli uomini della milizia Hts con i quali ha posto fine in pochi giorni al regime sanguinario di Bashar Al-Assad – un’immagina rassicurante e tollerante. (L'HuffPost)

Lavoreremo insieme», assicurava ieri il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, stringendo la mano all’omologo siriano Asaad Shaibani. «La Siria diventerà una fonte di sicurezza e stabilità», ha replicato Shaibani, membro di spicco dell’esecutivo guidato da Ahmed Sharaa (Al Julani), leader del gruppo jihadista Hay’at Tahrir al Sham (Hts) oggi al potere, e dal premier Mohammed Bashir. (il manifesto)