La Nato risorge a Kiev, ma il cessate il fuoco è ancora un miraggio





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Redazione Esteri
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Mentre i leader europei passeggiano per le strade di Kiev, tra omaggi ai caduti e visite ai monumenti, il messaggio lanciato dal vertice della coalizione dei "Volenterosi" assume un peso politico che va oltre la mera formalità. L’Ucraina ha dichiarato di essere pronta ad applicare una tregua già da lunedì, ma la risposta russa, affidata alle parole del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, rimane vaga: «Valuteremo la proposta». Un’affermazione che, seppure cauta, non nasconde lo scetticismo di Mosca, tanto che lo stesso Peskov ha avvertito: «Cercare di farci pressioni è inutile».
Quella che emerge dalla capitale ucraina è però una rinnovata unità d’intenti tra Europa e Stati Uniti, una convergenza che, sebbene ancora fragile, segna una svolta dopo mesi di tensioni transatlantiche. Il premier britannico Keir Starmer ha ribadito la necessità di un «cessate il fuoco incondizionato di trenta giorni», una posizione condivisa non solo da Emmanuel Macron e dagli altri leader presenti a Kiev, ma anche da Washington. Un segnale che, al di là degli esiti immediati, sembra ridare slancio alla Nato, dimostrando come l’alleanza possa ancora trovare una voce comune di fronte alla crisi ucraina.
Il vertice, a cui hanno partecipato anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il premier polacco Donald Tusk, con Giorgia Meloni collegata da remoto, ha dunque prodotto un ultimatum implicito a Vladimir Putin: la minaccia di ulteriori sanzioni qualora la Russia rifiutasse la tregua. Ma il Cremlino, che finora ha sempre giocato sul filo della provocazione, potrebbe non cedere facilmente. Resta il fatto che, per la prima volta dopo mesi, l’Occidente sembra aver ritrovato una strategia condivisa, anche se il cessate il fuoco, almeno per ora, rimane più un’ipotesi che una realtà.