Aumento della spesa militare al 5% del Pil: il sondaggio di Valsassinanews e le reazioni politiche

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Redazione Interno Redazione Interno   -   Lo scorso giovedì, il quotidiano online Valsassinanews ha chiuso un sondaggio rivolto ai propri lettori riguardo all’ipotesi di portare al 5% del Pil la quota destinata alla spesa militare, una misura che – se confermata – segnerebbe una svolta nella politica di bilancio italiana. L’iniziativa, denominata “Giudizio fondato nelle nostre radici”, ha raccolto pareri contrastanti, alimentando un dibattito che va oltre i confini locali e si inserisce in un contesto nazionale già polarizzato.

Tra le prime voci interpellate, quella di Alvaro Ferrari, già presidente della Comunità Montana ed ex sindaco di Barzio, che ha espresso una posizione cauta, sottolineando come la questione tocchi temi sensibili, dalla sicurezza collettiva alla sostenibilità finanziaria. Ma il tema, come dimostrano le recenti polemiche, non si limita alle opinioni dei singoli. Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno bollato come “subdola manovra” l’intenzione del governo di accelerare gli acquisti militari attraverso un emendamento al decreto Infrastrutture, paventando il rischio di un progressivo svuotamento dei fondi per scuola e sanità.

Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, il ministero della Difesa starebbe lavorando a una modifica normativa che, eliminando i controlli preventivi della Corte dei Conti, garantirebbe una “corsia preferenziale” per l’approvvigionamento di armamenti. Una scelta giustificata dalle pressioni di Nato e Unione Europea, dopo l’impegno preso dall’Italia – insieme agli altri 31 Paesi dell’Alleanza Atlantica – durante il vertice dell’Aja, dove si è concordato di raggiungere entro un decennio l’obiettivo del 5% del Pil in spese militari.

A bilanciare la deroga ai controlli, verrebbe istituita una commissione speciale composta da magistrati, rappresentanti delle forze armate e tecnici del settore. Ma il nodo centrale rimane l’allocazione delle risorse: l’Italia, unico Paese in Europa, sta destinando più fondi alle armi che all’istruzione, un dato che solleva interrogativi non trascurabili sulle priorità del governo Meloni.

Intanto, le previsioni di Avs sul “2025 anno record per la spesa militare” sembrano avverarsi, mentre il confronto politico si sposta sul piano etico ed economico. Se da un lato c’è chi invoca maggiore celerità negli approvvigionamenti per colmare le carenze difensive, dall’altro crescono le perplessità su un modello di sviluppo che rischia di sacrificare settori fondamentali come l’educazione, senza che se ne discuta a sufficienza.