La pagella del Mef sulle riforme: bilancio positivo, ma restano nodi da sciogliere

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Mentre l’Italia prosegue il suo percorso di adempimento agli impegni assunti con Bruxelles nel Piano strutturale di bilancio, il ministero dell’Economia traccia un primo bilancio, definendolo "positivo", soprattutto per quanto riguarda le riforme della giustizia e del mercato dei capitali. L’esecutivo, che ha ottenuto l’allungamento da quattro a sette anni per la correzione dei conti pubblici, deve però rispettare una tabella di marcia serrata, con scadenze precise e obiettivi intermedi da raggiungere.
Il ministro Giancarlo Giorgetti, intervenuto al termine dell’Ecofin informale di Varsavia, ha escluso l’ipotesi di una manovra correttiva, nonostante il ridimensionamento delle previsioni di crescita per il 2025, attestatesi allo 0,6%. «I profili di contabilità non cambiano», ha dichiarato, sottolineando come il governo mantenga una linea prudente, nonostante il rallentamento economico renda meno significativo il rientro dal debito. Un approccio che, a suo dire, è stato riconosciuto anche dalle agenzie di rating.
Intanto, il Documento di finanza pubblica – che ha sostituito il Def – si appresta a essere discusso in Parlamento. Oltre alle proiezioni ufficiali, che indicano una ripresa graduale fino all’0,8% nel 2026-2027, il testo analizza quattro scenari di rischio: l’inasprimento dei dazi commerciali, le oscillazioni dei tassi di cambio, il rincaro dell’energia e le tensioni sui mercati finanziari. Simulazioni che evidenziano le fragilità di un’economia ancora esposta a shock esterni, in un contesto internazionale segnato da instabilità.
Sul fronte delle riforme, se alcuni passi in avanti sono stati compiuti, restano da affrontare questioni cruciali, a cominciare dall’efficienza della giustizia civile, uno dei fattori che più incidono sulla competitività del Paese. Quanto al mercato dei capitali, gli interventi avviati dovranno dimostrare di poter attrarre investimenti, in un panorama finanziario sempre più volatile. Intanto, la clausola di salvaguardia inserita nel Patto di stabilità – che sospende gli obiettivi di deficit in caso di recessione – rimane un’opzione sul tavolo, sebbene il governo preferisca evitare di invocarla.