La Consulta dà ragione al governo: l’abrogazione dell’abuso d’ufficio non è incostituzionale





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La Corte costituzionale ha stabilito che eliminare il reato di abuso d’ufficio non viola la Carta fondamentale, respingendo le eccezioni di legittimità sollevate dalla Cassazione e da tredici tribunali. Sebbene i giudici abbiano ammesso l’esame delle questioni relative alla Convenzione Onu di Merida contro la corruzione – l’unico profilo ritenuto "ammissibile" – hanno poi chiarito che né il trattato internazionale né l’ordinamento interno impongono di mantenere il delitto, né vietano di abrogarlo. Una decisione che, seppure attesa, riapre il dibattito sulle tutele contro gli eccessi del potere pubblico, lasciando un vuoto normativo che già ha influito su inchieste come quelle di Imperia, dove numerosi procedimenti sono stati archiviati dopo la riforma.
Giuseppe Busia, ex segretario generale dell’Anac e critico dell’abolizione del reato, pur rispettando la sentenza, ribadisce le sue perplessità. «Le obiezioni che avevo sollevato restano valide», afferma, sottolineando come l’assenza di un freno legislativo rischi di esporre la pubblica amministrazione a derive d’impunità. La Consulta, tuttavia, ha giudicato infondato il presunto conflitto con gli obblighi internazionali, chiudendo di fatto un capitolo controverso del diritto penale