Trump colpisce ancora: dazi sui droni DJI, ma Apple e Big Tech fanno tremare gli Usa

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ECONOMIA

Mentre l’amministrazione Trump rilancia la sua offensiva commerciale con nuovi dazi su migliaia di prodotti d’importazione, i droni cinesi — incluso quelli del leader mondiale DJI — restano fuori dalla lista delle esenzioni. Una mossa che, se da un lato rafforza la linea dura contro Pechino, dall’altro rischia di avere ripercussioni impreviste sul mercato interno, già in fibrillazione per le tensioni con i colossi della tecnologia.

Il nodo cruciale, infatti, non è solo la produzione straniera, ma l’interdipendenza tra economia americana e filiere globali. Apple, per esempio, che assembla in Cina gran parte dei suoi iPhone, si troverebbe esposta a un contraccolpo pesantissimo qualora i dazi venissero estesi agli smartphone. Con oltre 220 milioni di pezzi venduti ogni anno — più di 600mila al giorno —, anche un lieve rincaro potrebbe erodere margini e quote di mercato. E se Google e Nvidia, seppur in modo meno eclatante, devono fare i conti con la stessa incertezza, è chiaro che la politica tariffaria di Washington sta mettendo in difficoltà proprio i settori che hanno trainato la crescita degli ultimi anni.

Non a caso, la temporanea sospensione dei dazi su computer e dispositivi elettronici sembra una concessione dettata più dalla realtà che dall’ideologia. Gli economisti lo ripetono da tempo: i dazi, in ultima analisi, sono un costo a carico dei consumatori locali, che si traducono in prezzi più alti e domanda più bassa. E mentre le aziende statunitensi cercano di bilanciare produzione e logistica, il rischio è che a rimetterci siano proprio gli investimenti e l’innovazione.