Il fratello di Annalucia Cecere accusa: "Potrebbe aver ucciso Nada Cella"

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INTERNO

In un’aula della Corte d’Assise di Genova, mentre si ripercorrono le tappe di un delitto che ha segnato la Liguria di fine secolo, è il fratello dell’imputata a gettare nuova ombra sul processo. Maurizio Cecere, minore di Annalucia, non ha esitato a descriverla come una persona capace di gesti estremi: «Se viene contraddetta, diventa di una cattiveria impressionante. Se Nada quel giorno le ha risposto male, magari ha cominciato a colpirla». Parole che riecheggiano tra i banchi del tribunale, dove si discute della morte di Nada Cella, la segretaria di 25 anni trovata senza vita il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco a Chiavari.

Annalucia Cecere, ex insegnante oggi sotto processo insieme a Soracco – accusato di favoreggiamento e false dichiarazioni –, viene dipinta come una figura complessa, segnata da un passato turbolento. L’infanzia in Campania, trascorsa tra le violenze di un padre alcolizzato che arrivò a dare fuoco alla casa con la famiglia dentro, l’arrivo in Liguria come ragazza sola, accolta dalla Curia, e un carattere irascibile che emergeva in scatti d’ira improvvisi. Elementi che, secondo l’accusa, potrebbero aver contribuito a un gesto estremo.

Il processo, che procede tra testimonianze e ricostruzioni, si concentra anche su un bottone rinvenuto sulla scena del crimine, collegato all’imputata. Un dettaglio che, se confermato, potrebbe ribaltare le sorti dell’inchiesta. Quello che emerge dalle deposizioni è il ritratto di una donna descritta come manipolatrice e aggressiva, capace di reazioni violente quando provocata.