Pugno duro contro chi imbratta le scuole, ma il decreto sicurezza è già nel mirino dei giudici





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Appena entrato in vigore, il decreto legge Sicurezza – varato l’11 aprile per contrastare con maggiore severità gli imbrattamenti delle scuole e i danneggiamenti durante i cortei, oltre a introdurre norme più rigide contro violenze e minacce agli agenti – si scontra con le prime accuse d’incostituzionalità. Due avvocati milanesi, Eugenio Losco e Mauro Straini, hanno sollevato l’eccezione in un processo per direttissima a carico di due arrestati per resistenza a pubblico ufficiale, sostenendo che manchino le "ragioni di necessaria e straordinaria urgenza" richieste per giustificare l’adozione di un provvedimento governativo senza passare dal Parlamento.
La questione, una delle prime a emergere dopo l’approvazione del decreto, è stata immediatamente rimessa al tribunale di Milano, che dovrà valutare se trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale. Intanto, l’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha espresso forti perplessità sul testo, definendolo un apparato normativo che "non si concilia facilmente con i principi costituzionali di offensività, tassatività, ragionevolezza e proporzionalità". Un giudizio netto, arrivato a soli tre giorni dalla firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale aveva dato il via libera solo dopo che il governo aveva recepito i suoi rilievi.
L’Anm, senza mezzi termini, ha messo nel mirino il provvedimento, rischiando persino di sfiorare un incidente istituzionale. La critica più dura riguarda proprio la mancanza di urgenza che avrebbe giustificato il ricorso a un decreto legge, bypassando il dibattito parlamentare. Una posizione che, se condivisa dalla Consulta, potrebbe portare all’annullamento delle norme più controverse.