I leader europei tornano a Kyiv: sostegno "incrollabile" all’Ucraina e pressione per una tregua

Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo
ESTERI

Redazione Esteri Redazione Esteri   -   Per la prima volta dal giugno 2022, i leader di Francia, Germania, Regno Unito e Polonia hanno fatto ritorno a Kyiv, in una visita congiunta che mira a ribadire, ancora una volta, l’appoggio europeo all’Ucraina. Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Keir Starmer e Donald Tusk sono arrivati nella capitale ucraina sabato 10 maggio, mentre il presidente Volodymyr Zelensky si preparava a riceverli per un summit che vedrà coinvolti, seppure in remoto, altri esponenti della cosiddetta "coalizione dei volenterosi".

La scelta del treno come mezzo di trasporto non è casuale. Se da un lato evoca i viaggi diplomatici del passato, dall’altro diventa metafora di un’Europa che, nonostante le divisioni interne, continua a muoversi – fisicamente e politicamente – verso Kyiv. "Qui è in gioco la sicurezza del nostro continente", ha scritto Macron su X, postando un video della visita accanto alle bandiere di Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Ucraina. Un messaggio chiaro, che non lascia spazio a interpretazioni: il sostegno militare e logistico a Zelensky rimane prioritario, anche se Mosca continua a respingere ogni proposta di cessate il fuoco.

La Russia, del resto, non ha mostrato segni di cedimento. Nonostante le tregue temporanee e i negoziati intermittenti, il conflitto prosegue da oltre tre anni, con offensive che si susseguono senza soluzione di continuità. I leader europei, tuttavia, sembrano intenzionati a mantenere la rotta. L’obiettivo dichiarato è quello di fornire all’Ucraina "garanzie di sicurezza" a lungo termine, un impegno che va oltre la retorica e che si traduce in aiuti concreti.

Non mancano, però, le ombre. Se la diplomazia del treno ha il pregio di tenere alta l’attenzione sul conflitto, resta da vedere quanto possa incidere sulle dinamiche di guerra. La Russia, come ribadito più volte, non accetterà alcuna pace che non passi attraverso le sue condizioni. E mentre Macron, Merz, Starmer e Tusk deponevano candele al monumento per i caduti, a Mosca continuavano a risuonare dichiarazioni che escludevano compromessi.