Gli hacker di Equalize e il dna di Andrea Sempio: nuovi sviluppi nel giallo di Garlasco

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INTERNO

La vicenda dell’omicidio di Chiara Poggi, il cui corpo senza vita fu trovato il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco, continua a far discutere, alimentando interrogativi e nuove indagini. A distanza di anni, il caso torna sotto i riflettori della cronaca nera, questa volta con un’inversione di rotta che potrebbe riscrivere la storia giudiziaria di uno dei delitti più intricati degli ultimi decenni. La Procura di Pavia, infatti, ha chiesto alla Cassazione di riaprire le indagini, puntando il dito su Andrea Sempio, già coinvolto nelle prime fasi delle indagini ma poi scagionato. La richiesta si basa su "nuovi elementi indizianti", tra cui le impronte delle scarpe e quelle digitali rinvenute sul dispenser del sapone nella casa della vittima, che potrebbero ora essere riconsiderate alla luce di ulteriori approfondimenti tecnici.

Le impronte, in particolare, rappresentano uno dei nodi centrali della nuova inchiesta. Gli inquirenti intendono verificare la «compatibilità della grandezza delle impronte repertate sul luogo del delitto con la taglia delle scarpe» di Sempio, oltre a confrontare le tracce digitali trovate nella villetta, tra cui quelle sul dispenser del bagno, dove l’assassino si sarebbe lavato le mani dopo il crimine. Questi elementi, già analizzati nei processi a carico di Alberto Stasi – inizialmente condannato e poi assolto in appello – potrebbero ora assumere un significato diverso, aprendo scenari inediti.

A complicare ulteriormente il quadro, si inseriscono le rivelazioni degli hacker di Equalize, un’agenzia di spionaggio al centro di un’inchiesta della Procura di Milano. Durante le loro conversazioni intercettate, i membri del gruppo hanno discusso del caso Poggi, arrivando a ipotizzare che «ce n’è un altro colpevole» e domandandosi se Stasi fosse davvero l’autore del delitto. Le loro parole, seppur non direttamente collegate alle indagini ufficiali, hanno contribuito a riaccendere l’attenzione su possibili piste alternative.

Intanto, Luciano Garofano, biologo ed ex comandante del RIS di Parma, ha espresso un parere tecnico sul DNA rinvenuto sotto le unghie della vittima, definendolo «parziale e inidoneo per un’identificazione personale». Garofano ha sottolineato che, nonostante i progressi nelle tecniche di analisi genetica, il profilo ottenuto all’epoca rimane incompleto e inutilizzabile. Una dichiarazione che sembra ridimensionare l’importanza delle prove biologiche nel caso, spostando l’attenzione sugli elementi fisici, come le impronte, che potrebbero invece rivelarsi decisive.