Gaza, gli aiuti umanitari finiscono sotto controllo Usa e Israele: Onu estromessa

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ESTERI

Redazione Esteri Redazione Esteri   -   Il piano statunitense per la gestione degli aiuti a Gaza, presentato dall’ambasciatore Mike Huckabee a Gerusalemme, segna una svolta controversa nel già complesso scenario umanitario della Striscia. Sebbene Washington abbia ribadito che l’esercito israeliano (Idf) non si occuperà direttamente della distribuzione, il ruolo di garante della sicurezza affidato a Tel Aviv solleva interrogativi sull’effettiva neutralità delle operazioni. «Si tratta di un’iniziativa caritatevole e non governativa», ha precisato Huckabee, riferendosi alla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), l’ente privato incaricato di coordinare gli aiuti.

Le Nazioni Unite, tuttavia, non nascondono le loro perplessità. L’Ocha, l’ufficio Onu per gli affari umanitari, ha bollato il progetto come «incompatibile con i principi umanitari», definendolo «illegale» e «rischioso». Tra le criticità evidenziate c’è l’introduzione di scanner facciali per identificare i beneficiari, un sistema che – secondo l’organizzazione – trasforma l’accesso al cibo in un meccanismo di controllo selettivo. Le ong locali e internazionali, dal canto loro, temono che la militarizzazione della logistica possa aggravare le condizioni di una popolazione già allo stremo.

La crisi, del resto, non accenna a placarsi. Con gran parte delle infrastrutture distrutte dai bombardamenti e gli approvvigionamenti bloccati, Gaza vive una carestia senza precedenti. La mancanza di acqua potabile, medicine e generi di prima necessità ha spinto oltre il 90% degli abitanti sotto la soglia di povertà estrema, secondo i dati delle agenzie umanitarie. Il nuovo sistema promosso dagli Usa, che dovrebbe entrare in funzione «molto presto», prevede il coinvolgimento di «associazioni di beneficenza, organizzazioni non profit e diversi governi», ma esclude esplicitamente l’Onu, finora pilastro della risposta all’emergenza.