Pavel Durov, il fondatore di Telegram è stato rilasciato su cauzione. Non potrà lasciare la Francia
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Scaduti i termini della custodia cautelare, alle 15 di mercoledì 28 agosto, Pavel «Pasha» Durov viene accompagnato al Palazzo di Giustizia di Parigi. E lì resta per un interrogatorio-fiume, di primo grado. Dal quale emerge in serata rinviato a giudizio e in libertà vigilata: cauzione di 5 milioni di euro, obbligo di presentarsi in commissariato due volte alla settimana e divieto di lasciare la Francia. (Corriere della Sera)
La notizia riportata su altre testate
La notizia dell'arresto del fondatore di Telegram, porta alla ribalta, al di là degli elementi squisitamente giuridici, una grande questione. Siamo entrati nella epoca della censura evidente? Dovremo rinunciare alle nostre foto frou-frou o ai ritratti degli spaghetti alle cozze? Stiamo in un cambio d'epoca fatto di guerra e anche di bavagli visibili e invisibili? Quando cambiano le epoche cambia l'editoria, cioè il modo di trasmettere i contenuti. (Avvenire)
Chi è Pavel Durov, fondatore del controverso Telegram (AGI - Agenzia Italia)
Perché ora? È questa la prima domanda che nasce alla notizia dell'arresto di Pavel Durov, fondatore e amministratore delegato di Telegram. Le accuse sarebbero di utilizzo della piattaforma per attività illecite come il traffico di droga e la distribuzione di immagini di abusi sessuali su minori. (ilmattino.it)
L’arresto di Pavel Durov ha riacceso una nuova ondata di teorie del complotto che chiamano in causa servizi segreti, il conflitto tra Russia e Ucraina e, non ultimo, ha rilanciato tra le Big Tech il dibattito sulla legittimità del diritto all’anonimato. (24+)
Sempre secondo il Wsj, nel 2017 gli 007 francesi presero di mira Durov in un'operazione congiunta con gli Emirati Arabi Uniti che hackerarono il suo iPhone. In un pranzo nel 2018 il presidente francese Emmanuel Macron invitò Pavel Durov a trasferire Telegram a Parigi ma l'imprenditore di origine russa rifiutò. (la Repubblica)
Era stato arrestato sabato all'aeroporto di Le Bourget, alle porte di Parigi (LAPRESSE)