Eni Nigeria, l'assoluzione dei vertici: “La procura ha omesso una prova a favore degli imputati”

La Stampa ECONOMIA

Sono pesanti le parole messe nero su bianco dai giudici della settima sezione del Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di vertici e dirigenti Eni (compresi Claudio Descalzi e Paolo Scaroni) accusati dalla procura di aver pagato ai politici nigeriani la presunta maxi tangente da un miliardo 92 milioni di euro per il giacimento petrolifero Opl245.

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Per questo la settima sezione penale del Tribunale di Milano lo scorso 17 marzo ha assolto in primo grado tutti gli imputati del processo Eni-Nigeria, con la formula “il fatto non sussiste”. Mancano “prove certe e affidabili dell’esistenza dell’accordo corruttivo contestato”. (Il Fatto Quotidiano)

Lo scorso 17 marzo, tuttavia, è arrivata l’assoluzione per tutti gli imputati nel processo di primo grado. I fatti risalirebbero al 2011 e vedrebbero coinvolte Eni e Shell, aziende petrolifere che avrebbero acquistato i diritti di esplorazione del giacimento Opl245 grazie alle mazzette girate ai politici di Abuja. (Open)

Il procuratore aggiunto di Milano, Fabio De Pasquale, e il pm Sergio Spadaro sono indagati dalla Procura di Brescia nell’inchiesta sulle prove nascoste, con l'ipotesi di rifiuto d'atti d'ufficio in relazione al processo Eni/Shell-Nigeria di cui ieri il Tribunale ha depositato le motivazioni dell'assoluzione di tutti gli imputati. (La Stampa)