Sanae Lahbil, la donna trovata morta nel fiume Serio: una vita segnata dalla droga e dai figli perduti

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L’ipotesi dell’omicidio, avanzata nelle prime ore dopo il ritrovamento del corpo di Sanae Lahbil nel greto del fiume Serio ad Alzano Lombardo, sembra ormai scartata. Ma se la morte della 44enne, rinvenuta svestita e senza vita il 6 aprile, sia frutto di un incidente legato all’abuso di alcol e sostanze o di un gesto estremo, solo gli esami tossicologici e istologici potranno dirlo. Quel che è certo è che la sua esistenza, costellata di sofferenze e cadute, era ormai da tempo un labirinto senza via d’uscita.

Nata in Marocco ma vissuta a lungo in Italia, Sanae aveva cinque figli – avuti da due relazioni diverse – che le erano stati allontanati dai servizi sociali. Un dolore che, stando alle parole della sorella, l’aveva consumata più della dipendenza dalla cocaina, dei guai con la legge – tra furti e reati contro la persona – e delle relazioni tossiche che si erano susseguite negli anni. A peggiorare il quadro, la tragedia familiare dei fratelli: uno morto suicida in carcere, l’altro in comunità. «Voleva rimettersi in sesto», ha raccontato la sorella, che ha chiesto l’anonimato per proteggere la madre e i nipoti. «Nell’ultimo messaggio mi ha scritto “ti voglio bene”».

Mentre i sommozzatori volontari di Treviglio continuano a perquisire il letto del fiume alla ricerca dei vestiti della donna – finora sono stati recuperati solo i pantaloni –, resta il mistero sulle ultime ore di Sanae. Era sola? Cosa l’ha spinta verso il Serio? Domande a cui, forse, non ci sarà mai risposta. Quello che emerge, però, è il ritratto di una donna che, nonostante tutto, cercava di aggrapparsi alla vita. «Lei voleva vivere», insiste la sorella, respingendo l’idea che si sia lasciata andare deliberatamente. Ma la droga, l’alcol e il peso di un passato troppo pesante potrebbero aver avuto il sopravvento.